venerdì 10 giugno 2011

INFRASTRUTTURE, TRASPORTI E MOBILITA' SOSTENIBILE: LA RICERCA DI UN DIFFICILE EQUILIBRIO

Alcune importanti riflessioni, per provare a dare un contributo ai problemi del traffico che ha anche la nostra regione e il nostro territorio,  verso una mobilità sostenibile.


                                                               Foto del Giornale di Vicenza


La mobilità costituisce una delle più complesse sfide da affrontare - e risolvere - nella ricerca di quegli scenari di sostenibilità dello sviluppo che rappresentano obiettivo strategico prioritario in tutte le politiche europee. Ma proprio per il fatto di essere uno degli elementi maggiormente critici dell’attuale modello di sviluppo il settore dei trasporti richiede - forse più di altri - un consistente e continuativo sforzo di innovazione degli approcci gestionali e progettuali.
L’automobile privata ha costituito - in Italia come nella gran parte delle economie industriali - il «motore» della crescita economica del dopoguerra, diventando rapidamente qualcosa di ben più «ingombrante» (in termini economici e sociologici) di un semplice mezzo di trasporto. I frequenti episodi di inquinamento atmosferico urbano, la congestione, il rumore urbano, sono solamente alcuni fra i «costi esterni» che la continua crescita del traffico determina; la sfida dei prossimi decenni si gioca però sul fronte dell’effetto serra, e della inevitabile transizione dalla monocultura del petrolio ad un sistema a ridotta intensità di energia, consumo di risorse e inquinamento ambientale.
Si tratta dunque di rivedere criticamente molte delle opzioni finora percorse più o meno consapevolmente, costruendo scenari complessi ed articolati, che consentano di ridurre drasticamente l’impatto della mobilità senza penalizzare l’accessibilità.
Non ci sono ricette magiche e soluzioni universalmente valide: l’approccio metodologico alla ricerca di scenari di sostenibilità dello sviluppo (ed a maggior ragione di sostenibilità del settore della mobilità e dei trasporti) consiste nella ricerca di opzioni appropriate per ogni specifica situazione. Opzioni che devono nascere da una adeguata conoscenza delle diverse componenti che caratterizzano la mobilità (domanda, offerta, assetto territoriale, esigenze e bisogni degli utenti, costi, disponibilità finanziarie, ecc.) proponendo soluzioni ad hoc, che massimizzino l’efficienza nell’impiego di infrastrutture esistenti, che consentano di proporre servizi a basso impatto adeguati alle esigenze della domanda, che rendano finalmente centrale, nella politica della mobilità e dei trasporti, il significativo potenziale insito nelle tecnologie di trasmissione ed elaborazione delle informazioni, finora sottovalutate a vantaggio di opere fisiche e soluzioni meccaniche.

La domanda di mobilità in Italia


Domanda mobilità passeggeri in Italia - 1990-2007
La domanda di mobilità delle persone viene convenzionalmente stimata e contabilizzata usando come unità di misura i passeggeri*km (sommatoria di tutti gli spostamenti che avvengono in un determinato ambito territoriale e/o amministrativo in un determinato periodo di tempo). Il rapporto fra Pax*km totali annuali e popolazione residente nell’ambito territoriale indagato esprime la quantità di mobilità pro capite. Dal 1990 ad oggi la domanda stimata di trasporto di persone e merci nel nostro Paese è cresciuta, rispettivamente, del 34% (da circa 728 a circa 976 miliardi di passeggeri*km) a del 27% (da circa 191 a circa 243 miliardi di tonnellate* km).
Se nel 1960 la domanda pro capite di mobilità motorizzata era stimata in complessivi 2.500 km/anno, dei quali solamente la metà soddisfatta da spostamenti su autovettura privata. In termini puramente indicativi, si può dunque affermare che la mobilità motorizzata pro capite nel nostro Paese è aumentata di 6,6 volte nei quasi cinquant’anni intercorsi, mentre la mobilità pro capite su autovetture sarebbe aumentata, nel medesimo periodo, di quasi dieci volte: nel 1990, il cittadino italiano percorreva annualmente una media di 12.800 km su mezzi di trasporto, mentre nel 2007 la domanda pro capite era salita a 16.500 km/anno, di cui il 74% circa su autovettura privata e la restante parte distribuita fra motoveicoli, autobus, ferrovia, aereo, ecc. . Per quanto riguarda i diversi modi di trasporto, il segmento caratterizzato dalla crescita più sostenuta fra 1990 e 2007 è quello del trasporto aereo (i km/anno pro capite relativamente al solo traffico interno sono più che raddoppiati, passando da circa 6.400 ad oltre 15.000), quello meno dinamico è il segmento del trasporto ferroviario (che nel medesimo periodo è cresciuto solamente del 7%). Più o meno stabile tra il 72 e il 75% la percentuale di percorrenze su auto privata rispetto alle percorrenze totali (figure 1,2).
Emissioni CO2
La crescita costante del settore si traduce, ovviamente, in un parallelo incremento delle emissioni inquinanti e dei consumi di energia determinati dalla mobilità, incremento solo parzialmente limitato dal contestuale incremento di efficienza delle tecnologie di trasporto, che si traduce in consumi ed emissioni unitarie decrescenti. Ciò nonostante, come si è detto, consumi ed emissioni aumentano costantemente, soprattutto se le relative tendenze vengono confrontate con quelle di altri macrosettori economici (figura 3).
Nel complesso, le tendenze derivabili dall’analisi dei dati e delle stime disponibili rendono evidente una situazione ancora lontana da un ipotetico scenario di mobilità sostenibile, con tassi di crescita della mobilità e dei suoi impatti tuttora significativi, ed a tratti superiori agli stessi tassi di crescita della ricchezza prodotta (figura 4).
Al di là dei tassi di crescita, che pure caratterizzano significativamente il settore nel suo complesso, è però opportuno analizzare, per quanto possibile in base ai dati effettivamente rilevati e disponibili, come si distribuisce la domanda di mobilità fra i diversi segmenti di percorrenza che caratterizzano gli spostamenti di persone e di merci. Sotto questo profilo, tutti i dati indicano come la domanda di mobilità sia prevalentemente orientata a spostamenti di brevissimo, breve e medio raggio. Secondo il rapporto Audimob di ISFORT 2008, gli spostamenti degli italiani sono per il 31,4% spostamenti di prossimità (ovvero si esauriscono entro 2 km), per il 21,7% di corto raggio (compresi fra 2 e 5 km), per il 20,2% locali (5-10 km), per il 23,4% di media distanza (da 10 a 50 km) e solo per il 3,2% sono spostamenti di lunga percorrenza (oltre 50 km). E, per quanto riguarda la domanda di trasporto ferroviario, risulta che i viaggiatori di media e lunga percorrenza siano numericamente pari al 15% dei viaggiatori del trasporto locale, e che le loro percorrenze medie siano in costante riduzione (-12% tra 2000 e 2007).

L’offerta infrastrutturale

Indicatori dotazione infrastrutturaleIl dibattito sul tema delle infrastrutture, nel nostro come in altri Paesi, si sofferma spesso sulla inderogabilità di una adeguata dotazione infrastrutturale quale condizione necessaria, o addirittura sufficiente, a garantire soddisfacenti tassi di crescita dell’economia. Si tratta di un tema assai esplorato a livello internazionale più che non nazionale, e sul quale le conclusioni sono tutt’altro che coerenti ed univoche. Se, infatti, è ragionevole attendersi che, in condizioni di totale assenza di infrastrutture di trasporto (e di altre infrastrutture), l’utilità marginale di progetti di strade o ferrovie possa essere elevatissima, mutando una condizione di totale inaccessibilità in una condizione di parziale accessibilità, assai più difficile risulta dimostrare che in situazioni già caratterizzate dalla presenza di una rete primaria ed evoluta di infrastrutture di trasporto (quali quelle nei Paesi europei) la realizzazione di nuove, più capienti e veloci infrastrutture possa effettivamente rappresentare un fattore competitivo rilevante nell’ambito della concorrenza commerciale fra aree geografiche.
È anzi probabile che, man mano che la dotazione di infrastrutture di base aumenta, diventino vieppiù importanti, soprattutto in una logica di sostenibilità ambientale ed economico-sociale, le modalità di utilizzazione delle infrastrutture stesse; in altri termini, l’attenzione dovrebbe spostarsi dalla quantità di infrastrutture fisiche alla qualità dei servizi che su di esse vengono offerti. È evidente che non si tratta di due variabili indipendenti, ma l’eccesso di attenzione, e di tensione, che si crea sulla necessità di aumentare sempre e comunque la capacità infrastrutturale, finisce spesso per togliere rilevanza alla programmazione dei servizi di trasporto ed alla costruzione di politiche integrate che costituiscono una delle colonne portanti di uno scenario di sostenibilità dello sviluppo dei sistemi di trasporto. Si vedano nella figura 5 alcuni dati di confronto fra Italia ed Europa: la figura evidenzia la posizione del nostro Paese relativamente ad alcuni indicatori di carattere infrastrutturale ed economico in relazione alla media dei 27 Paesi membri, ed alle due medie distinte relative ai 15 membri dell’Unione prima del 2004 ed ai 12 membri entrati a far parte dell’Unione nel 2004 e 2007. Si noti in particolare la posizione del nostro Paese relativamente alla dotazione infrastrutturale (dove i dati rapportati alla popolazione residente sono inferiori ai dati medi di riferimento, almeno in parte in ragione della elevata densità territoriale) ma anche al tasso annuale di crescita del PIL 2006-2007. Per quanto riguarda, in particolare, quest’ultimo indicatore, si osservi come - abbastanza prevedibilmente - il dato medio relativo ai Paesi di recente adesione, tutti caratterizzati da reddito pro capite e dotazione stradale/ autostradale inferiori alla media, sia in realtà assai più elevato di quello medio europeo.

Strategie per una mobilità sostenibile

Autovetture Circolanti ogni 100 abitanti (2000)La limitatezza delle risorse ambientali, territoriali ed economiche e finanziarie rende improcrastinabile una profonda revisione delle politiche settoriali, che necessitano, in questo settore forse più che in altri, della definizione di strumenti di programmazione che sappiano ottimizzare le (scarse) risorse disponibili nella costruzione di strategie di linee di azione e di interventi efficaci sul lato della domanda di mobilità come su quello dell’offerta di infrastrutture e di servizi di trasporto. Occorre innanzitutto prendere atto della dimensione urbana, metropolitana e regionale della gran parte degli spostamenti di persone, investendo risorse e promuovendo innovazione nella realizzazione di nuove infrastrutture dedicate (metropolitane e linee di trasporto pubblico) e soprattutto nella loro gestione ottimale. È nel confronto con le metropoli europee che più evidente risulta il gap infrastrutturale (ma anche culturale) delle grandi città italiane: reti di trasporto pubblico, infrastrutture dedicate alla mobilità ciclopedonale, politiche innovative di gestione ed orientamento del traffico urbano (road e park pricing, car sharing, low emission zone, ecc.) costituiscono, tuttora, l’anello debole di una politica di settore ancora troppo orientata sul lato dell’offerta di «nuove» infrastrutture prevalentemente concepite a servizio degli spostamenti di lunga o lunghissima percorrenza (autostrade, linee ferroviarie ad alta velocità, hub aeroportuali). Nelle aree urbane più dense è opportuno attivare politiche di disincentivazione dell’uso di mezzi ad elevato impatto ambientale. Tali politiche non devono però tradursi nella semplice incentivazione all’acquisto di autovetture omologate secondo l’ultimo step euro. Occorre individuare più articolati criteri di selezione, che consentano di disincentivare, oltre all’inquinamento, anche il consumo di carburante e l’emissione di CO2.
Occorre puntare a coefficienti di motorizzazione privata (rapporto fra autovetture circolanti ed abitanti) più vicini a quelli - più moderati - che caratterizzano le grandi metropoli a livello internazionale (si veda in proposito il confronto riportato nella figura 6, dalla quale emerge, abbastanza chiara, la particolare situazione delle città italiane di grande, media e piccola dimensione nei confronti delle loro omologhe europee); ciò significa coordinare le politiche di disincentivo dell’uso di mezzi inquinanti con azioni finalizzate a contenere la presenza di auto private nelle aree urbane dense, limitando gli spazi pubblici destinati a stazionamento e/o introducendo politiche di tariffazione della sosta funzionali all’obiettivo.
Occorre inoltre incentivare modelli di utilizzazione dell’autovettura privata che ne massimizzino l’efficienza: il car sharing (uso condiviso di autovetture di proprietà collettiva) e il car pooling (incentivazione all’uso associato di autovetture private negli spostamenti casa lavoro) sono due strumenti ampiamente sperimentati, che vanno sostenuti con adeguate politiche, ad esempio prevedendo alcune facilitazioni nelle aree a traffico limitato.
Parallelamente, sono da avviare politiche di incentivazione all’uso del mezzo pubblico, che attualmente rischia di vedersi confinato, in molte città italiane, al ruolo di «servizio sociale» dedicato a coloro che non possono permettersi l’uso dell’autovettura privata.
Il potenziamento del mezzo pubblico non può passare solamente per una generalizzata richiesta di maggiori fondi, che come noto sono scarsi quando non inesistenti. Occorre dare priorità al trasporto pubblico su diversi fronti, restringendo gli spazi a servizio del trasporto privato e destinandoli al trasporto pubblico, producendo innovazione nella fornitura del servizio, aumentandone il livello di efficienza ed affidabilità (corsie protette e priorità semaforica, ad esempio, possono garantire maggiore velocità commerciale, frequenza regolare ed affidabilità del servizio automobilistico con investimenti relativamente contenuti).
Il disegno dello spazio urbano costituisce il primo fra i fattori di promozione di una mobilità sostenibile: nel breve termine, ricalibrando gli spazi dedicati ad esclusivo uso dell’autovettura a mezzi pubblici e alla mobilità dolce; nel medio e lungo termine, sempre sulla scorta degli esempi che vengono da un numero sempre crescente di città europee, occorre rivedere i criteri di progettazione degli insediamenti residenziali e delle aree di espansione urbana, disegnando quartieri che consentano di minimizzare il ricorso all’autovettura privata (i «quartieri senza auto» costituiscono una realtà ormai affermata in diverse città del Centro e Nord Europa).
Un altro concetto fondamentale nella costruzione di un sistema di mobilità sostenibile è quello di integrazione: integrazione dei servizi, delle reti, delle infrastrutture, dei diversi modi di trasporto. In questo, le enormi capacità di elaborazione dei dati e di trasmissione delle informazioni possono dare un contributo fondamentale (sistemi di infomobilità) soprattutto se coordinate e sincronizzate con le politiche urbane e di settore.
Le politiche di sostenibilità devono ovviamente articolarsi nel tempo in funzione della effettiva possibilità di intervento. Quello che è comunque importante far passare da subito è il «messaggio» della necessità e della urgenza di innovare profondamente il sistema della mobilità, definendo nuove priorità, nuovi modelli comportamentali, nuovi stili di vita.
Mario Zambrini
Direttore Ambiente Italia, Istituto di Ricerche

1 commento:

  1. Complimenti per la chiarezza! Volevo segnalare un ottimo sito che parla di auto e mobilità http://www.autoinformazioni.org/

    Ciao
    Marta

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