venerdì 20 luglio 2012

IN MARCIA IN DIFESA DELLA VALLE DEL MIS






Stanno distruggendo la Valle del Mis. Una bellezza senza tempo. Quello che la natura e l’acqua hanno creato in migliaia di anni, rischia di essere distrutto per sempre.
Dove prima c’era un torrente, con i suoi salti, i suoi rivoli, le sue pozze, ora stanno mettendo un tubo, diritto, sempre uguale a se stesso. Freddo, artificiale. Dove prima c’erano sassi, oggi c’è cemento.
Un’intera valle ingannata, da uomini in giacca e cravatta. Valigette piene di interessi in cambio di un Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Un’intera valle svenduta, umiliata, derubata. Predatori senza scrupoli ce la stanno portando via. Con violenza. Armati di braccia meccaniche.
Dove dovrebbe esserci un Parco, il parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, oggi c’è la Valsabbia spa di Brescia. Recinta, scava, martella, espropria.
Ma non è il rumore delle ruspe che cancella il suono dell’acqua. Non sono i cingolati che calpestano quella valle. Quello che fa più rabbia sono le menzogne, gli inganni che fan parte di questa vicenda.
L’abuso su terreni che per secoli erano di uso civico, ora sfruttati ad uso privato.
Funzionari insensibili che sventolano permessi e autorizzazioni. Imprese che scavano dove non dovrebbero.
Ma soprattutto la codardia di chi potrebbe intervenire e non lo fa. Di una politica che con una mano getta la spugna e con l’altra incassa come già in passato.
Semplicemente una brutta storia. Uno schifo che va riempito d’amore, della gioia di una comunità che non si arrende, che vuole riprendersi quella valle, che vuole riprendersi quel bene comune. Che vuole difendere le Dolomiti e i suoi fiumi da centinaia di storie come questa. Tante sono le richieste per nuove centrali idroelettriche.
Però di acqua, non ce n’è più. 200km di tubi se la sono già bevuta quasi tutta. Un 10% resiste, come noi. Ma ora la partita si fa decisiva, non solo in Valle del Mis.
Proprio in questo periodo in Regione si sta discutendo un disciplinare sulle richieste per le nuove centraline.
Una moratoria sarebbe il giusto, il blocco per le centrali in zone di interesse comunitario e di alto valore naturalistico, il minimo.
Una partita da vincere.
Per questo ci appelliamo a tutti voi, a tutte le associazioni, movimenti, comitati, gruppi, singoli cittadini e cittadine che lottano per i beni comuni, che vogliono difendere le Dolomiti Patrimonio Mondiale dell’Umanità, che vogliono fermare lo sfruttamento irrazionale e privatistico dei fiumi.
Il 22 luglio venite in Valle del Mis, vi aspettiamo!
PER ADESIONE-PARTECIPAZIONE: acqua.belluno@libero.it
Comitato bellunese Acqua Bene Comune

INFO UTILI
partenza marcia: ore 11 da località La Soffia
arrivo: località ponte titele nella zona del cantiere
ritrovo: in località Pian Falcina a partire dalle ore 9:00
distanza: circa 5 km – strada asfaltata, percorso alla portata di tutti
consigliate scarpe comode e cappellino
Sarà disponibile un servizio navetta fino alle ore 10:45 che porterà i partecipanti al concentramento della marcia in località La Soffia. E’ importante giungere in valle il prima possibile (dalle ore 9:00) per consentire il trasferimento con le navette.
Aiutaci a ridurre il numero delle macchine. Organizzatevi per riempire le macchine.
Meglio in bici! Porta la tua bicicletta così puoi lasciare la tua macchina fuori dalla valle. Per esempio in piazza a Sospirolo.
Possibilità di rientro in navetta alla fine della marcia.
Munirsi di acqua e pranzo al sacco. Piccolo ristoro all’arrivo della marcia.
Come arrivare in Val del Mis:
da Belluno: segui per Agordo – in località Mas di Sedico segui per Val del Mis
da Feltre: segui per Sospirolo poi per Val del Mis
da uscita A27: uscita Belluno – da Belluno segui per Agordo – in località Mas di Sedico segui per Val del Mis
Per raggiungere la Valle del Mis con il minor numero possibile di automobili, consigliamo di arrivare a Sospirolo, località Pian Falcina, utilizzando il servizio di carpooling BlaBlaCar.
Se cercate un passaggio, collegatevi al sito www.blablacar.it e scrivete Sospirolo nella casella “Città di arrivo”.
Se invece volete mettere a disposizione uno o più posti liberi nella vostra auto, cliccate sul tasto “Offri un passaggio”.
La registrazione al servizio è semplice e gratuita.
Per informazioni sul carpooling: info@bellunosimuove.it

mercoledì 18 luglio 2012

CEMENTO, ASFALTO E SPORCHI SCHEI





 
Nemmeno sant'Antonio fa più miracoli e non salva dalla crisi la sua «industria», una delle principali di Padova: pellegrini in calo e turismo religioso in difficoltà, con un meno 3% tra 2010 e 2011. I frati osservano preoccupati una curva negativa e indifferente persino all'ultima ostensione del santo corpo. Le autorità locali sono corse ai ripari affidandosi a un mago delle promozioni, Josep Ejarque, che intende «rompere la dipendenza da pellegrinaggi, ostensioni e riti di passaggio», per «rigenerare i prodotti turistici padovani, puntando sui flussi europei e usando molto internet». Ejarque ha alle spalle i successi dei giochi olimpici di Barcellona '92, ma quelli erano anni di vacche grasse. Poi con le olimpiadi invernali di Torino 2006 le cose sono andate diversamente, considerato il poco che è rimasto alla città - debiti a parte - una volta spenti i costosi «botti» a cinque cerchi.
Di fronte a una crisi che come una pestilenza colpisce un po' tutti, è difficile dire se l'ispirazione salvifica possa essere la mistica antoniana o la managerialità virtuale. Di certo è che, nel cuore del Nord-est - tra Padova, Mestre e Treviso - la «strada degli schei» da tempo ha cambiato punti di riferimento e consistenza. Nell'ultimo decennio s'è fatta sempre più astratta, meno visibile quanto reale. Spostandosi dal manifatturiero ai servizi, alle concessioni, alla rendita. Un caso evidente è il gruppo Benetton, che continua a produrre e vendere maglioncini e magliette, ma i soldi li fa con autostrade e aeroporti. Basta leggere l'ultimo bilancio di «Edizione srl», lo scrigno di famiglia. Fatturato 12.253 milioni di euro, utile netto 300 milioni - per metà da attività svolte all'estero -, così ripartiti: 52,4% da Autogrill, autostrade e aeroporti, 30,7% da infrastrutture e servizi per la mobilità, 16,6% da tessile e abbigliamento (con quest'ultimo a segnare un -2% sull'anno precedente). Benetton vent'anni fa marchiava di sé il trevigiano (squadre di basket e volley esibite come gioielli di famiglia), oggi pensa globale e sposta i suoi investimenti dal tessile alle concessioni che assicurano rendita: prossimo investimento, 12 miliardi per gli aeroporti, con relativa guerra delle tariffe. Una precisa concezione dello «sviluppo».
Di Benetton, naturalmente ce ne è uno, ma il caso è sintomatico e l'illustre esempio fa scuola. Grandi e piccoli ne traggono ispirazione, aggiornando le vecchie abitudini di chi ha i piedi ben piantati sulla terra e la considera un suo bene. Da sfruttare il più possibile e «in proprio». Così si è passati dal dilagare di capannoni industriali a quello delle speculazioni più fantasiose, protagonisti gli stessi che trent'anni fa hanno cementificato mezzo Veneto e oggi continuano a farlo, dirottando sulla rendita tutto ciò che hanno ricavato dal manifatturiero. Perché se c'è un'ispirazione che è stata abbandonata è quella industriale - per molti ormai troppo faticosa e poco remunerativa. Perché gli «schei» (veri o virtuali) si possono fare più comodamente da novelli rentiers e senza il rischio d'impresa. Costruendo una nuova rete: non più un distretto industriale ma un intreccio di relazioni - palesi e occulte - tra economia, politica e malaffare.

Tra Veneto City e Nuova RomeaLa furia costruttrice, che da queste parti non tramonta mai, ruota sull'asse Padova-Mestre. Veneto City e Nuova Romea sono le due mega-opere attorno cui e da cui partono una serie di altri progetti, per un giro d'affari superiore ai 20 miliardi di euro. Veneto City è un faraonico progetto da due milioni di metri cubi su un'area di 750.000 metri quadri, divisi tra i comuni di Dolo e Pianiga, a ridosso di quello di Mira: la logica è quella delle newtown che hanno fatto la fortuna di Berlusconi (e costruito, mattone su mattone, il berlusconismo) declinata tutta in chiave commerciale. Cosa ci sarà dentro, di preciso, ancora non si sa (il progetto ha maglie molto larghe: outlet e botteghe, spazi fieristici e aree museali, alberghi e università, persino ospedali) e nemmeno importa molto. Quel che conta è l'occupazione di una rilevante porzione di campagna con l'equivalente di un capannone largo 12 metri, alto 7 e lungo quanto il tratto dell'autostrada A4 che separa Padova Est da Villanova: 23 chilometri. E' un progetto che vale 2 miliardi di euro, sponsorizzato prima dal centrosinistra e poi dal centrodestra, nato nel 1998 da una società promossa da un selezionato gruppo di imprenditori padovani e trevigiani: Luigi Endrizzi (costruttore), Giuseppe Stefanel (industriale tessile), Fabio Biasuzzi (calcestruzzi e presidente di Nordest Ippodromi), Olindo Andrighetti (import di legname) e l'unico non veneto del gruppo, Giancarlo Selci (pesarese, industriale meccanico e cavaliere del lavoro). Nel corso degli anni la società Veneto City ha acquistato terreni ed è diventata oggetto d'investimenti, aumentando progressivamente il proprio capitale oltre i 9 milioni di euro. Ma è rimasta una società in mano al costruttore Endrizzi, che grazie a due piccole srl di 10.000 euro ciascuna, detiene il 26% del totale azionario (un valore di quasi 2 milioni e mezzo). Chiavi di volta della valorizzazione di questo progetto - che porta con sé strade, svincoli, caselli autostradali, aree verdi, allargando a oltre un milione di metri quadri l'area interessata - sono il passaggio dei terreni da uso agricolo a commerciale-industriale, una serie di varianti approvate dai comuni interessati (affascinati dai «contributi di costruzione» e dalle previsioni sulla futura Ici-Imu) e soprattutto il via libera al progetto da parte della giunta regionale guidata dal leghista Zaia, che dichiarandone la «pubblica utilità» ha cancellato tutti i pareri contrari e tutte le obiezioni istituzionali. Un'approvazione arrivata di gran corsa il 31 dicembre del 2011, facendo lievitare il valore dei terreni, giusto in tempo per porre a bilancio cifre consistenti, far crescere patrimoni, per la salvezza delle società di alcuni proprietari dei lotti e la tranquillità delle banche finanziatrici: sul modello dei derivati si creano soldi finti. Pazienza se poi, in questo modo, si gonfiano bolle immobiliari e finanziarie. Del resto quella dei terreni comprati per poi cambiarne la destinazione d'uso, facendo del valore maggiorato una garanzia bancaria, è una pratica ricorrente (c'è persino chi costruisce ancora capannoni per lasciarli vuoti e farne solo una voce patrimoniale). I lavori di Veneto City dovrebbero iniziare entro la fine del 2012, anche se il Cat (Comitato ambiente e territorio), che fin dall'inizio denuncia questa follia, spera ancora di bloccarli. Se pure inizieranno, non è detto che la crisi economica ne permetta il completamento e non riduca Veneto City a un'enorme speculazione finanziaria, lasciando sul terreno solo qualche edificio e un scheletrico reticolo di strade.
E proprio una strada (anzi, un'autostrada) è l'altra grande opera. Viene da sud, è la «Nuova Romea», sarebbe l'ultima propaggine di un delirio chiamato Civitavecchia-Marghera, dal Tirreno all'Adriatico, tagliando gli Apennini. Detta così sembra un doppione dell'Autostrada del sole. E, infatti, lo è. Nel concreto sarebbe la trasformazione in autostrada dell'attuale Orte-Cesena, che proseguendo a nord attraverso Ravenna (tratto già esistente) confluisce nella «vecchia» Romea. Statale pericolosissima (ad alta frequenza d'incidenti) che arriva fino a Marghera (per unirsi al passante di Mestre): da anni si parla di un suo raddoppio, uno schieramento trasversale - che unisce i ravennati delle cooperative vicine al Pd (segretario nazionale in testa) ai berlusconiani di Vito Bonsignore - ha pensato di proporne la trasformazione in autostrada (a pagamento). L'ipotesi è al vaglio del Cipe che se riconoscerà la legittimità delle varianti di programma, decretandone la «priorità», farà partire i lavori per una spesa inizialmente prevista di quasi 10 miliardi. Non proprio bruscolini, in epoca di crisi. Agli oppositori - che pure hanno pesato sulle ultime elezioni amministrative, con l'elezione del grillino Maniero a Mira e gli oltre mille voti di una lista appoggiata dai Comitati ambiente e territorio - non resterà che l'ultima carta del ricorso al Tar. «Perché l'ideologia dello spreco che ha sorretto il berlusconismo - sintetizza Antonio Draghi, architetto, uno dei promotori dei Cat e candidato sindaco del centro sinistra a Vigonono, sconfitto dalla Lega per un pugno di voti - si sfalderà quando dimostreremo che si può creare lavoro e benessere curando l'esistente e il territorio. Quando passeremo dal consumo alla manutenzione». Un modello di sviluppo che ricorda un po' la «Fabbrica di san Pietro», un cantiere sempre aperto, che dà lavoro per valorizzare l'esistente, piuttosto che per sotituirlo o aggiungere. Che punta sul riuso e sul riadattamento alle nuove esigenze di ciò che è stato abbandonato, come potrebbe accadere per tante aree ex-industriali del Nord-est. Idea affascinante, ma che si scontra con interessi forti e - anche - con una cultura popolare ben radicata da queste parti. A partire dalla tradizione contadina che fa coincidere l'uscita dalla famiglia originaria del primogenito maschio con la costruzione (in dote) di una nuova casa; comunque, a prescindere dagli edifici vuoti che possono esserci attorno. Aspettando che i poteri (e i costumi) cambino e compatibilmente con i tagli alla spesa, si comincerà a scavare, spianare, costruire. Non solo per Veneto City e Nuova Romea, ma per la Pedemontana (da Vicenza a Treviso a nord della A4), l'ipotizzata camionabile Marghera-Padova, la città della moda di Fiesso d'Artico (200.000 metri cubi), Motor City (il «parco dei motori» vicino a Verona) e una serie quasi infinita di strade, raccordi, bretelle, caselli. Senza dimenticare il polo logistico di Dogaletto, che si affaccia sulla laguna veneziana e dovrebbe essere collegato alla zona industriale di Padova da una nuova camionabile a pedaggio: i terreni dell'area per lo stoccaggio dei containers sono già stati acquistati da Alba srl e con il solo cambio di destinazione d'uso - da agricolo a industriale - la società dell'imprenditore romagnolo Franco Gandolfi guadagnerebbe circa 165 milioni di euro senza muovere un dito.

Chisso, l'assessore d'asfalto Spending review permettendo, un po' qua e un po' là, qualcosa resterà, perché il Veneto «che conta» si farà sentire anche a Roma, pensando di andare avanti così, nonostante tutto, fingendo di essere sani: dall'azienda a rete sul territorio alla rete della rendita del territorio. Sotto il controllo e le spinte del deus ex machina che trasforma la terra in soldi (veri o virtuali, poco importa), il santo del cemento e dell'asfalto, Renato Chisso, già socialista, dal 1995 consigliere regionale del centrodestra (prima Forza Italia, poi Pdl), attuale assessore alla mobilità della giunta Zaia. Chisso rappresenta, insieme a Silvano Vernizzi (amministratore delegato di Veneto strade), la vera continuità del potere che dalla giunta Galan è transitata a quella Zaia, basata sulla gestione di opere pubbliche e appalti. Dirige il traffico della vera fabbrica di soldi del Nord-est odierno, il delicato intreccio tra economia e politica che frutta ricchezze, potere e un certo brivido del proibito che anche da queste parti conosce le sue «vittime». Come Lino Brentan, amministratore delegato dell'autostrada (a partecipazione pubblica) Venezia-Padova. Brentan, area Pd, lunga militanza nel Pci e nella Cgil, da febbraio è agli arresti domiciliari, accusato di corruzione e «atti contro i doveri d'ufficio». Avrebbe distribuito appalti - frazionandoli in tanti lotti per evitare di metterli a gara - in cambio di mazzette; secondo Brentan servivano a «finanziare il partito». Un Lusi in formato minore (le tangenti sarebbero attorno ai 100.000 euro), che negli interrogatori si sarebbe difeso parlando di «feste e iniziative elettorali». Molto amico dell'assessore Chisso - nonostante le diverse provenienze politiche - Brentan potrebbe essere solo la punta di un iceberg: secondo il pm veneziano Carlo Mastelloni «siamo arrivati di fronte al potere, a una cassaforte che ora si spera di aprire». Dentro ci potrebbero trovare di tutto. Come è accaduto, in un'altra inchiesta, alla Guardia di finanza che indagando su alcuni fallimenti sospetti di aziende in crisi è arrivata alla criminalità organizzata, quella più «pesante»: bancarotta, evasione fiscale, truffa, sono le accuse che hanno portato in carcere Giuseppe Capatano, titolare dell'omonima holding e presidente dell'Associazione «Osservatorio parlamentare europeo» (politicamente inesistente, eppur indiziato di un breve amoreggiamento con Scilipoti). Gli inquirenti sono convinti che Capatano e il suo gruppo siano legati al clan camorristico della famiglia Gionta di Torre Annunziata, che - anzi - ne siano la longa manus per controllare aziende venete in crisi, in particolare del settore costruzioni. Promettendo di sanare i passivi attraverso la costituzione di società all'estero (domiciliate presso un box office in Gran Bretagna) cui intestare i beni delle imprese in difficoltà prima di farle «sparire». In cambio chiedeva e otteneva un pagamento in contanti pari al 15% del totale dei debiti. Un giro d'affari stimato attorno ai 50 milioni di euro e un'evasione fiscale di 5,5 milioni nel solo padovano.
Quella sul gruppo Catapano è una delle tante inchieste in corso nel Veneto (Alessandro Naccarato, deputato del Pd, ne ha censito una quarantina in tre anni) che indicano come stia crescendo il ruolo delle mafie nell'economia del Nord-est, anche attraverso lo strozzinaggio nei confronti di centinaia di imprese che, messe alle strette dalla crisi economica, trovano chiusi gli sportelli delle banche e aperti quelli della malavita che «investe» e mette le mani sulle aziende, acquisendole direttamente o indirizzandone l'attività. Come sempre molto avviene nei servizi e nelle opere pubbliche. Dallo smaltimento dei rifiuti - in particolare quelli tossici che per anni il Nord-est ha «affidato» alla malavita campana e scaricato nel Mezzogiorno - all'edilizia e al movimento terra, settore in cui si sono specializzati i Casalesi. I clan sono molto interessati alle grandi opere, le sole (a parte le nicchie dell'alta qualità manifatturiera, più difficili da infiltrare) che fanno ancora girare gli schei del Nord-est. Insieme al traffico illegale vero e proprio di merci (armi, droga) e persone (immigrazione e prostituzione) che dalla Trieste-Padova riforniscono tutta la penisola.
«La corsa della locomotiva veneta - dice Massimo Carlotto, scrittore che per storia e mestiere conosce bene il ventre della «bassa» padovana - si è alimentata per anni anche di evasione fiscale e lavoro nero, creando così un habitat perfetto per la criminalità e il riciclaggio dei soldi sporchi. Qui c'è gente che gira con le valigette piene di contante che presta a strozzo o investe negli appalti, prendendosi le aziende e taglieggiandole». Ecco come e dove girano i soldi «veri» nel Nordest di oggi. Un nuovo «miracolo» che sant'Antonio non avrebbe proprio saputo fare.

Tratto da "Il Manifesto" 17/07/2012

martedì 17 luglio 2012

L'ACQUA E IL BOSCO DELLA VALPOSINA




                                 






DIFENDIAMO il territorio, l'ambiente e le persone,FERMIAMO l'apertura della miniera Zanconi

Un grande PIC NIC sui prati circostanti MEDITANDO su ciò che può accadere …         

(se la Regione Veneto rilascerà la nuova concessione mineraria …).



DOMENICA 22 LUGLIO 2012
e
DOMENICA 5 AGOSTO2012


Ore 10.00 Ritrovo a CASA BOARO da Derio e Giulia.
Ore 11.30 Presentazione del lavoro e dei risultati raggiunti dal Comitato.
Ore 12.00 Interventi col pubblico.
Ore 12.30 Pranzo conviviale: ognuno porta qualcosa.
Ore 14.30 - DOMENICA 22 luglio 2012 – Teatrando con i ragazzi => rappresentazione della fiaba:
“I quattro custodi della Valposina”
Ore 14.30 - DOMENICA 5 AGOSTO 2012 – I “Valincantà” cantano CON e PER NOI.
Come raggiungerci:
Da Arsiero prendere la S.P. 81/82 per Laghi e Posina; a Castana dritti per Laghi; in centro a Laghi svoltare a sinistra per S. Valentino, proseguire per contra’ Chezzi, Laita, Mogentale, Xausa, Laba => CASA BOARO.
Contatti: 0445/748402 (ore serali) – 340/2507438 (lasciare un messaggio).



In caso di maltempo la manifestazione sarà sospesa.
Gli organizzatori declinano ogni responsabilità per eventuali danni a persone e cose durante tutta la durata della manifestazione.