giovedì 26 maggio 2011

ALLARME ESCAVAZIONI NEL TERRITORIO !

Circa un anno fa Italia Nostra aveva lanciato un allarme in merito al problema delle escavazioni che stanno interessando il nostro territorio. Dopo un anno non se ne parla quasi più e intanto queste continuano a renderlo sempre più degradato.  

Le cave stanno cambiando in modo irreversibile alcuni luoghi come la Valbrenta e l'Altopiano di Asiago nel comune di Bassano del Grappa (Frazione Rubbio-Vallarana) e in parti pertinenti ai comuni della Vallata.




ESTRAZIONI IN VALBRENTA
La cava miniera di Costa Alta in Comune di Carpanè risale al 1912 ma il rinnovo per ulteriori 40 anni della concessione alla estrazione è destinata ad ipotecare in maniera ineluttabile il futuro della valle tutta! 
Sicurezza per gli abitanti, qualità dell'aria per micro e macro polveri, rumori, inquinamento da mezzi pesanti non possono trovare ristoro nelle false mitigazioni che le leggi propongono.
La distruzione dei luoghi (compresi siti storici-linea di sbarramento Carpanè-Col Moschin- risalenti alla Prima Guerra Mondiale) non potrà mai trovare un ripristino realistico per la enormità del disastro ambientale.
La valutazione di impatto ambientale non ha tenuto conto dell'aspetto geologico e idrogeologico di una area ad alto rischio nemmeno al riferimento alle copiose sorgenti aperte in diversi fronti dalla miniera, come sostenuto anche dalla Autorità di Bacino.



CAVE DI DETRITO E CONOIDI DELLE VALLI

Da alcuni anni i conoidi di deiezione dei detriti glaciali che hanno ricreato nei secoli un ambiente naturale di pregio-contraddistinto da boschi cedui a coprire le pareti rocciose della Valsugana-sono oggetto di un'attività selvaggia di asportazione dei materiali ghiaiosi.
Sotto le mentite spoglie di operazioni di messa in sicurezza migliaia di metri cubi di volume di materiale dei conoidi dei comuni di Primolano, Cismon Carpanè e Valstagna sono stati comprati dai cavatori.

Il disastro ambientale è sotto gli occhi di tutti!

Viene interrotta la continuità naturale di ambienti floro-faunistici unici; addirittura il Brenta è oggi passato con opere idrauliche precarie e in dispregio a qualsiasi vincolo ambientale, da centinaia di camion che impattano sulla viabilità della Valsugana, mortificando la qualita della vita dei suoi abitanti.

CAVE DI MARMO/PIETRA

Ci sono una serie di devastanti impatti paesaggistici in ambiti di grande interesse ambientale e naturale nell'Altopiano dei Sette Comuni nei territori del comune di Bassano del Grappa (Frazione di Rubbio-Vallarana) e in parti pertinenti ai comuni della vallata.
Sulla valle assistiamo a selvaggi assalti che aprono pericolosi fronti a strapiombo sui declivi al di fuori di ogni controllo delle autorità preposte creando uno scenario di orrendi buchi danteschi.


CAVE DI SABBIA E GHIAIA

Un'altra problematica è quella derivante dalla messa a nudo della falda freatica e della sottrazionedi ampie superfici a destinazione agricola nelle zone di alta pianura alluvionale sotto mentite spoglie di bonifica di terreni dichiarati non particolarmente fertili ai fini agronomici.
Intensa è l'attività estrattiva principalmente di materiali ghiaioso-sabbiosi nel territorio dei comuni di Rossano V., Tezze sul Brenta e in parte Rosà, Cassola, Cartigliano e Romano d'Ezzelino.
Forti dubbi permangono sulle grandi quantità di materiali estratti, sulle modalità di coltivazione delle cave, sui possibili destini a discarica dei siti, sul ripristino dei luoghi sui controlli che le autorità (Comuni, Province e Regione) esercitano a riguardo. Inoltre sono presenti inquinamenti collegati agli elevati flussi di traffico pesante.

Su tutto questo, come anche sottolinea Italia Nostra ci sono i fondati dubbi sulla mancanza di controlli per far rispettare almeno le prescrizioni!

http://www.italianostra.org/wp-content/uploads/cave-italia-nostra_-Bassano-del-Grappa-finale.pdf

domenica 22 maggio 2011

A RISCHIO IL PARCO RURALE DELLE ROGGE


                                Immagine tratta dal Giornale di Vicenza


Il Parco Rurale delle Rogge è un parco rurale di interesse comprensoriale istituito in base alla legge regionale n. 40 del 1984 dai comuni di Bassano del Grappa, Cartigliano e Rosà rispettivamente con delibere di Giunta della Regione Veneto n. 3283 del 15.11.2002, n.801 del 09.04.2002 e  n.1272 del 17.05.2002; delibere che hanno individuato l’area del parco in corrispondenza dell’ambito di valorizzazione ambientale denominato “Civiltà delle Rogge” come perimetrato dalla Provincia su un’area di oltre 250 ha con delibera di Consiglio Provinciale del 12 maggio 1998 n.36/19531.
Questo parco sovracomunale è il portabandiera di una tutela del paesaggio agrario che, nonostante la disponibilità di un efficace strumento legislativo, nella nostra regione  non ha avuto il seguito che tutte le persone di buon senso desiderano. Tant’è che mentre nel Veneto si assiste alla continua devastazione di un paesaggio invidiato e celebrato in tutta Europa e che ha ispirato per secoli artisti e scrittori, la possibile e facile tutela attraverso la facile istituzione dei parchi rurali comprensoriali è stata ampiamente utilizzata in regioni con minori valori paesaggistici dei nostri. Vero che nella sola provincia di Milano, oltre ai parchi comunali, esistono 14 parchi locali sovracomunali già istituiti ed un enorme parco agricolo regionale che complessivamente occupano una superficie oltre 200 volte superiore a quella degli analoghi parchi rurali comprensoriali dell’intero Veneto !!!

Il parco rurale di Bassano Cartigliano e Rosà, dai più chiamato Parco delle Rogge, è caratterizzato da segni di grande rilevanza collettiva: il tracciato del decumano DD XI della via Postumia, detto “Cavinon” (una delle poche strade romane ancora sterrate del Veneto); una chiesetta longobarda dedicata a S.Giorgio; un paleoaveo del fiume Brenta; una rara integrità paesaggistica, memoria del latifondo dei nobili Morosini, non comune nelle fasce periurbane della “città diffusa” (o, meglio, “confusa”) veneta, una zona fortemente caratterizzata da antiche rogge che portavano acqua del Brenta ed energia alle grandi proprietà patrizie, a ville, opifici (ad es. la roggia Rosà costruita sotto i Carrara a partire dal 1365; la Dolfina, o “Roston”, scavata nel 1603; la Bernarda, documentata già nel 1466 che alimentava opifici dei Morosini; la Morosina, anteriore alla Dolfina, che adacquava le terre dei Morosini anche nell’area del parco ed alimentava le rogge Cartigliana, Comunella, Cappella, Morosina Piccola, e Munara, ecc)
L’area del parco, inoltre, insiste su uno dei corpi idrici sotterranei indifferenziati più estesi e preziosi d’Europa ed è insieme caratterizzata da una elevata permeabilità del suolo che facilita l’indispensabile ricarica delle falde ma che impone una particolare attenzione alla pratiche agronomiche per non inquinare le acque potabili sotterranee.
Purtroppo tragici ed estesissimi sono stati in questi anni gli avvelenamenti delle falde provocati nelle nostre terre dalla incuria delle persone, amministratori, imprenditori e cittadini che per risparmiare sui rifiuti hanno versato e continuano a versare nei pozzi e sui terreni sostanze mortali. Inquinamenti ampiamente documentati dal CNR (1988, 1999, 2000) e, talvolta, dalla magistratura ed ora in procinto di una nuova mappatura.
Per frenare questa corsa dei veneti all’autodistruzione, che è senza freno ormai da 50 anni, è indispensabile rieducare al fondamentale rispetto dei beni culturali e paesaggistici ma anche al perduto rispetto per il “creato”, per i beni collettivi, la terra e le acque, rispetto religioso che era base della cultura materiale sulla quale i veneti hanno costruito la propria identità. Educazione al rispetto per il creato trova nel parco rurale una grande opportunità .

Né va dimenticato, in un periodo di preoccupazione per le risorse finanziarie, che aree come la “Civiltà delle rogge” sono privilegiate nell’assegnazione dei finanziamenti regionali ed europei per lo sviluppo rurale sostenibile previsti per i parchi e per le aree appartenenti al “Bacino Scolante” nella Laguna di Venezia, all’ ”Area di Ricarica delle risorgive dei principali corsi d’acqua settentrionali del bacino scolante” ed alla “Fascia di ricarica degli acquiferi” classificata tra le “aree sensibili” di cui all’allegato D della LR 10/99. Finanziamenti per i quali l’associazione lavora da anni all’interno del partenariato Terre del Brenta, del quale è stata socio fondatore assieme ai comuni di Bassano e Cartigliano.

Sfortunatamente, in quanto zona di ricarica delle falde, le terre del Parco delle Rogge sono anche un ottimo investimento per chi, abituato ai facili guadagni, sa come ottenere dalle pubbliche amministrazioni le lucrose autorizzazioni a cavar ghaia in profondità.
Le conseguenze per il Parco delle Rogge sono evidenti:

o        Alla fine degli anni ’80 su queste terre si focalizza l’attenzione di un pool di aziende venete tra le più grandi nel settore della escavazione, del calcestruzzo, della realizzazione di strade e di grandi interventi urbanistici ed edilizi, alcune delle quali ben note alla magistratura per fatti di corruzione e per reati ambientali e oggetto di provvedimenti per violazione delle norme sulla concorrenza. Nel 1988 queste aziende costituiscono la ditta Rosa srl. che acquista da un allevatore (il quale già aveva presentato una domanda di cava) un’area di circa 500000mq, ufficialmente per uso agricolo. E nel 1994 la ditta Rosa chiede alla Regione autorizzazione alla “Cava Nuova” e nel 1995 alla “Cava Nuova 2”.

o        Sollecitate da un comitato locale, le amministrazioni comunali di allora si attivano per la tutela attraverso opportune varianti agli strumenti urbanistici e la provincia, nell’adottare il primo Piano Territoriale provinciale , decide di classificare la “Civiltà delle Rogge” tra gli Ambiti di Interesse Naturalistico e Paesaggistico” come”Ambito di valorizzazione ambientale di competenza degli enti locali n.6” che viene inequivocabilmente individuato nella “carta dei Beni naturalistici e storico culturali” (tav.4 ). E con il PTP la Provincia fa obbligo ai Comuni di Bassano Cartigliano e Rosà di “ricercare soluzioni volte alla tutela e conservazione dell’ambiente e dei manufatti di interesse storico ambientale presenti, adottando strumenti operativi di riqualificazione ambientale” e di “predisporre gli opportuni piani attuativi a valenza paesistica… d’intesa e in collaborazione con la Provincia”. 

o        Inizia così l’iter che, di concerto con la Regione, porta nel 2002 alla istituzione nell’area della Civiltà delle Rogge di quello che è forse il primo ed unico parco rurale comprensoriale del Veneto ai sensi della LR 40/1984.
Da un lato le delibere di giunta regionale individuano l’area a parco e la tutelano con specifiche misure di salvaguardia, tra le quali l’esplicito “divieto di apertura di nuove strade ad eccezione di quelle al servizio dell’attività agro-silvo-pastorale” e la precisazione che la viabilità “dovrà essere finalizzata esclusivamente alla fruizione dell’area”.
Dall’altro la legge regionale obbliga i comuni di Bassano, Cartigliano e Rosà a convocare una conferenza di servizi per individuare un “ente gestore” al quale solo spetta il compito di adottare un Piano Ambientale per l’intero parco, unico e condiviso, ed il relativo programma di attuazione indispensabili per definire e regolamentare gli interventi conservativi e di riqualificazione dell’area a parco. Piano che, in quanto tale, deve essere elaborato con la partecipazione delle parti interessate (ad es. gli agricoltori e le associazioni ambientaliste).

         Dopo la istituzione del Parco delle Rogge la Regione non poteva che negare alla ditta Rosa il permesso a cavare, e i cavatori ovviamente hanno reagito.
Quello che è accaduto è tanto significativo quanto allarmante.
Non solo le nuove amministrazioni non hanno finora convocato l’obbligatoria conferenza di servizi e non si è potuto predisporre il piano ambientale unico (né il relativo programma di attuazione), ma purtroppo Rosà ha attuato una strategia di progressiva demolizione del parco.
In particolare:

-                                            Il 16 luglio 2002 con la adozione di uno “Studio sul traffico urbano di Rosà” ‘amministrazione guidata dalla sindaca Lanzarin ha previsto illegittimamente (in quanto di competenza della Regione) una nuova strada extraurbana, chiamata “Bretella Ovest. Strada da realizzare in una profonda trincea, guarda caso attraverso il parco, proprio là dove è vietata l’apertura di nuove strade. Con la stessa delibera di giunta, Rosà decide anche di togliere, in modo altrettanto illegittimo, il già esistente sedime di una “bretella Est”, cioè di quel vitale collegamento tra la nuova Gasparona il Castellanese e il Padovano che  è previsto da sempre sia dalla Regione (che lo identifica come “nuova ss 245 Castellana”) che dalle precedenti amministrazioni di Rosà. E la sindaco falsamente scrive che “… i tracciati attualmente inseriti nel nuovo PRG del Comune di Rosà non hanno però riscontri nella pianificazione Regionale e Provinciale”. Vero è invece che il vigente PTRC Veneto ancora oggi considera la nuova Castellana come Direttrice mediana di grande importanza per il collegamento nord-sud” inclusa per di più tra  gli obiettivi generali della mobilità di livello interregionale”. In particolare il PTRC afferma che la Trento-Venezia è “servita dalla superstrada 47 "Valsugana" e dalla SS 245 Castellana per la quale è prevista la realizzazione di un nuovo tracciato di caratteristiche autostradali, analoghe a quelle della tratta Trento-Bassano, per il tronco Venezia-Castelfranco-Bassano…”. Ed inoltre “La Valsugana è collegata a Padova tramite il tronco terminale Bassano-Padova, oggetto di interventi di miglioria ed attraverso l'itinerario Bassano-Castelfranco-Resana-Padova (SS 307 "del Santo") classificato "di grande comunicazione" (D.M. 2474/'83), in connessione con la trasversale primaria est-ovest (autostrada A4), con l'autostrada Padova - Bologna (A13) e la SS 16 per Rovigo.”.

-                                            Il 27 gen 2003 l’amministrazione ribadisce la volontà di attraversare il parco con una “bretella ovest” giustificandola ora come “tracciato di collegamento tra le zone artigianali di Rosà e Tezze con la Pedemontana”.

-                                            Il 26 giu 2003 con DCC n.47 l’amministrazione di Rosà, con una variante parziale al P.R.G. (nr. 1/2003), riconferma la decisione, sempre illegittima, di passare attraverso il parco con una strada di grande traffico. Ed afferma: “Questo nuovo asse viario… nasce dalla volontà e dagli accordi intercorsi con le Amministrazioni Comunali dei Comuni confinanti, di creare un tracciato di collegamento tra l’Autostrada Pedemontana Veneta e la ss 53 in località Fontaniva”. Gli accordi sono falsi mentre vera ed esplicita è la contrarietà del comune di Fontaniva prima, poi di Cartigliano e, più recentemente, di Tezze.

-                                            Il 12 sett 2003 con prot. 13248 il Comune di Rosà acquisisce una “relazione illustrativa” sulla “zona agricola speciale a parco” a firma del dirigente del proprio UT.
La Relazione contiene affermazioni finalizzate più ad indebolire che a sostenere il valore culturale, paesaggistico ed ambientale del Parco, valore del quale non si fa cenno.
La superficie interessata dal Parco è macroscopicamente sbagliata: 830.900 mq in Comune di Rosà e 130.350 mq in Comune di Bassano del Grappa mentre risulta essere di 2800000 mq complessivi (1740000 mq in Comune di Rosà, 510000 mq in Comune di Bassano, e 550000 in Comune di Cartigliano: Tav. n 4 del PTP 1998, “Carta dei Beni naturalistici e storico colturali”).
La relazione afferma inoltre che “l’ambito d’intervento, ricade in un contesto fortemente antropizzato, sia sotto il punto di vista insediativo residenziale, che produttivo”, che “quest’area  nel tempo non è riuscita ad emergere nel contesto agricolo tanto che alcune zone risultano all’oggi incolte…. Passando tra le carrarecce di servizio dei vari fondi, cade subito all’occhio dell’osservatore la mancanza di quegli elementi di pregio tipici di un paesaggio rurale…. Elementi come filari alberati, piantate e siepi campestri caratteri fondamentali e tipici della campagna veneta, sono infatti, quasi del tutto scomparsi... In questo contesto, non bisogna dimenticare la prossimità della zona produttiva di Bassano del Grappa, che…negli ultimi anni si sta imponendo con fermezza e decisione; a questo si deve poi sommare la presenza della discarica RSU e del Megadigestore, da poco collaudato”. “Altri elementi detrattori del paesaggio sono: - La presenza di alcuni elettrodotti che attraversano integralmente l’area.; l’attraversamento trasversale dell’area di due metanodotti della SNAM” e inoltre “molte rogge, anche di rilevante importanza, hanno riscontrato poca manutenzione, dall’analisi sul campo si sono evidenziati molti corpi estranei ed a volte situazioni critiche anche in sede di contenimento delle acque…Come già evidenziato l’area ha perso molti dei caratteri tipici del paesaggio rurale; i pochi filari alberati, sono stati comunque compromessi dall’incuria dell’uomo” (!!!). E ancora “Il problema maggiore a livello ambientale è identificabile nella presenza della discarica e del “Megadigestore”. Questi infatti oltre ad alterare sensibilmente l’equilibrio ecologico della zona, si pongono come veri e propri elementi detrattori del paesaggio. Per quanto riguarda il sistema antropico diverse sono le problematiche che emergono e diverso è il loro grado d’importanza: urbanizzazione diffusa, in molti casi male articolata e con gravi disomogeneità del tessuto insediativi; presenza indiscriminata di attività industriali; la diffusione della piccola impresa si pone come elemento di disturbo all’interno dei processi evolutivi residenziali (?????); numerosi sono gli ambiti considerati a rischio quando si parla di inquinamento elettromagnetico o più volgarmente di elettrosmog. L’”Area Parco” è attraversata da due elettrodotti che “pongono un taglio netto ed indiscriminato” dell’area in oggetto (!!!!!)”

-                                            Il 30 set 2004 con DGC n.230 l’Amm.ne di Rosà approva la “Presa d’Atto e la Pubblicazione dello Studio Analitico-Interpretativo…”. In un volume di 212 pagine, che ha funzione di documento preliminare al “piano di assetto del territorio”, l’amministrazione descrive arbitrariamente ed in dettaglio l’attraversamento del parco con una strada di interesse regionale, non prevista dalla regione, ma che anzi la regione da decenni ha programmato ad est.
In realtà la strada (che è vietata dalla Regione, che secondo il Comune dovrebbe essere regionale ma che la Regione non ha mai programmato né tantomeno progettato) ha obiettivi devastanti: la proposta prevede infatti che sia realizzata non solo attraverso il parco ma in una enorme trincea e che l’escavazione tutt’attorno continui su ben 566000 mq mascherata da “superficie destinata a grandi attrezzature ricreative” che ha la forma di un campo da golf sul fondo di una cava  (una cava da golf): un campo da golf strategicamente destinato al fallimento e perciò funzionale a successive nuove escavazioni (di norma, nel rispetto dell’ambiente, si continua a scavare dove già si è scavato). Come non bastasse, ai fini di una sedicente “riqualificazione ambientale” il documento del Comune prevede nella proprietà dei cavatori anche una “area di trattamento inerti” guarda caso sul fondo di una cava di 85000 mq (a norma sono definiti “inerti” tutti i rifiuti non umidi, né riciclabili o combustibili, prodotti ad es. dal confinante impianto dell’ETRA spa). Non mancano “spazi attrezzati per il tempo libero“ su 95000 mq, “spazi verdi di compensazione delle infrastrutture”su 133000 mq, zona di consolidamento del bordo urbano e di servizio alle aree ricreative” su 39000 mq,  e “zone di compensazione per servizi” su 70000 mq zone e spazi dove asportare altra ghiaia e, al fondo delle cave, far crescere una nuova geniale specie vegetale: il “boscato di escavazione” (sic). Un giochino da 150 milioni di € di utile, o giù di lì, in perfetta sintonia con i progetti di cava bocciati dalla Regione alla ditta Rosa srl che, guarda caso, niente ha da eccepire sul documento presentato dalla sindaca Lanzarin.

-   Il 24 gen 2005 con DGC n.19 l’Amm.ne di Rosà adotta del tutto arbitrariamente un proprio “Piano Ambientale della zona agricola speciale a parco a ovest di Travettore” piano che spetterebbe invece all’ente gestore intercomunale, peraltro non ancora individuato dai tre comuni interessati. Preso atto del divieto di apertura di nuove strade posto dalla Regione, negli elaborati grafici del Comune non appare il tracciato della “bretella Ovest”, che tuttavia risulta ampiamente prevista nella relazione illustrativa e nelle norme attuative. Appare invece un reticolo di strade tale da stravolgere la funzione agricola dei terreni della ditta Rosa srl (che nel frattempo ha acquisito il controllo su circa 750000mq di parco).

-   A questo punto la ditta Rosa si trova nella condizione, da tempo attesa, di poter contestare legittimamente l’istituzione del parco rurale ricorrendo al Tribunale Amministrativo regionale con la forte speranza di vincere e di riproporre quindi le domande di cava.
I cavatori sono così sicuri di vincere che, nel ricorrere al TAR di Venezia contro il Piano Ambientale del comune di Rosà, non solo lamentano ovviamente lo stravolgimento della funzione agricola e contestano l’istituzione del parco a solo scopo ostativo, ma chiedono anche la riunione di precedenti ricorsi della ditta rosa srl contro la bocciatura delle domande di cava conseguenti alla istituzione del parco, sicuri di poterle riproporre.
Per fortuna i cittadini non tacciono: il comitato per la salvaguardia di Travettore assieme ad un gruppo di volontari bassanesi si costituisce nella associazione Parco Rurale delle Rogge, onlus. L’associazione, che ha titolo per ricorrere, si affianca ai cavatori nella causa amministrativa contro il comune di Rosà con l’obiettivo, opposto a quello dei cavatori, di difendere la legittimità del parco rurale proponendo a sostegno una circostanziata relazione peritale.
Sentita l’associazione ed alcuni privati (egregiamente difesi dall’avv. Ceruti di Rovigo), il 9 marzo 2006 i giudici del TAR sentenziano quindi la legittimità del parco in modo del tutto opposto alle attese dei cavatori e della amministrazione di Rosà (dispositivo nr. 863/2006).
La sentenza del TAR da un lato rileva “come la realizzazione del reticolo di strade prevista dal piano ambientale comporti lo stravolgimento della funzione agricola del fondo e della sua capacità produttiva” (ed anche per questo il comune di Rosà perde la causa, diversamente da quanto sostenuto dagli amministratori), dall’altro respinge tutti gli altri ricorsi dei cavatori, confermando il diniego alla attività di cava.
Di particolare interesse sono alcune massime della sentenza ed in particolare il fatto che, contrariamente a quanto sosteneva la attuale amministrazione di Rosà:
Ø       l’area del parco (cioè l’ambito di tutela perimetrato dalla Provincia con il nome di Civiltà delle Rogge) è stata individuata, per le peculiarità che la contraddistingue, come parco di interesse locale ai sensi dell’art. 27 della LR n. 40/84;
Ø       nell’istituire nel proprio territorio un parco di interesse locale non vi è alcuna necessità di trovare supporto giustificativo nel PTRC;
Ø       l’istituzione del parco rurale trova idonea giustificazione nell’affermata necessità di salvaguardare l’area per la sua valenza ambientale (paesaggio agrario), naturale (il vecchio percorso del fiume Brenta) e storico culturale (l’elemento di centuriazione romana presente lungo il “cavinon”);
Ø       la variante al PRG (oggi PAT) costituisce lo strumento normale per l’istituzione di un parco di interesse locale;
Ø       le prescrizioni normative che vietano l’apertura di nuove cave, introdotte con la definitiva approvazione, da parte della Regione, della zona agricola speciale a parco, costituiscono ineludibile ragione ostativa all’esercizio dell’attività estrattiva;
Ø       la tutela del paesaggio, costituendo un valore primario dell’ordinamento ai sensi dell’art. 9 Cost., rappresenta un interesse prevalente su qualunque altro interesse (pubblico e privato) e, quindi, deve essere sempre anteposto all’attuazione delle esigenze urbanistico-edilizie (CdS, IV, 3.5.2005 n. 2079);
Ø       il Comune non può imporre ai privati uno specifico obbligo di attivarsi per conferire all’area prescelta una particolare fisionomia, ma soltanto un onere di non facere, affinchè vengano mantenute inalterate le caratteristiche e le peculiarità proprie della zona che hanno consentito di qualificarla di particolare pregio. Per quanto attiene al parco rurale, “gli interventi conservativi, riqualificativi, di recupero e di miglioramento” sono effettuati a cura dell’ente gestore, mentre ai privati possono essere imposti solo vincoli e limiti, con la regolamentazione delle attività consentite.

-   Paradossalmente i cavatori sono costretti ad appellarsi al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR che ha dato loro ragione e gli amministratori di Rosà, vista la malparata,  sono costretti a controricorrere per chiedere che venga confermata la sentenza a loro avversa.

-   Con sentenza n. 659/2009 il CdS conferma la decisione del TAR Veneto n. 863/2006, e respinge il ricorso in appello della ditta Rosa srl.
In particolare il CDS ribadisce sia la legittimità del parco rurale sia l’efficacia della LR 40/1984 affermando che “non vi è dubbio che, nelle funzioni di conservazione e valorizzazione dell’ambiente naturale espressamente contemplate tra le finalità della legge 40/84 (articolo 1), rientri anche la sistemazione a parco di una ampia area agricola che, pur mantenendo la sua vocazione principale, sia attrezzata in modo da consentire alle popolazioni locali insediate nel territorio di fruire anche dei valori ambientali e paesaggistici espressi da tale area” e che a tale scopo “non ha alcun rilievo l’argomento… incentrato sulla mancanza nell’area considerata di un particolare pregio ambientale ed, anzi, della condizione in parte degradata dovuta a pregresse utilizzazioni edilizie o ad attività industriali in atto in zone limitrofe o confinanti con il parco. E’ evidente, infatti, che  in un territorio fortemente antropizzato, interessato anche dalla realizzazione di una infrastruttura viaria importante (la c.d. Pedemontana Veneta, strada di grande comunicazione) possano sussistere  problemi per il più equilibrato inserimento di un parco, ma ciò non significa che si debba tralasciare ogni forma di intervento di preservazione delle residue aree di interesse naturalistico e paesaggistico. Proprio in questi casi semmai, un intervento di conservazione e riqualificazione dei valori ambientali è più utile se non necessario. La legge 40/84 ha tenuto ben presenti questi aspetti prevedendo che per  ciascun parco sia approvato da parte dell’Ente gestore un Piano ambientale che deve contenere “gli interventi conservativi, riqualificativi, di recupero e di miglioramento” (articolo 9, secondo comma, lettera b)”
Il CdS entra anche nel merito del parco confermando che La presenza delle rogge, di elementi della centuriazione romana e la volontà di preservare la vocazione agricola delle aree in un insieme equilibrato, e fruibile da parte dei cittadini, costituiscono elementi più che sufficienti per giustificare la previsione del parco rurale di interesse locale oggetto della previsione della variante qui in esame. E’ utile puntualizzare che l’area qui in considerazione, come risulta con evidenza dal parere reso dal Comune appellato in ordine al diniego regionale di coltivazione della “Cava Nuova 2”  (deliberazione di Giunta Regionale n. 706 del 23 marzo 2001, preambolo, pagina 2): a)  è “zona di ricarica delle risorgive e ad altissima vulnerabilità considerato che tale fascia pedemontana veneta alimenta una delle falde acquifere più grandi di Europa (vedasi parere della ULSS n. 5 del 28 dicembre 1987 prot.n30167)”; b) è, in parte consistente, vincolata ai sensi della legge 6 agosto 1985 n. 431 per una fascia di 150 metri dalla Roggia Dolfina che verrebbe investita dalla coltivazione e che “è da considerarsi la più rilevante ed importante del comprensorio bassanese”; c) mantiene evidenti segni della centuriazione romana ed, in particolare, “ il “ cavinon “ , ora strada tre ponti – via del Rosario, è sovrapponibile perfettamente all’originario impianto di un decumano intermedio” è riportato nelle tavole preliminari del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento ed è ancora oggetto di studio ed approfondimento; d) è interessata dal paloalveo del Brenta ed è, perciò, sottoposta ad una particolare disciplina di PRG. Questi elementi giustificano a sufficienza la istituzione del Parco

-   Con la sentenza d’appello il Consiglio di Stato definitivamente conferma la validità della LR 40/1984 (in particolare dell’art. 27) come mezzo per porre in tutela -con una semplice variante agli strumenti urbanistici- qualsiasi area comunale ritenuta di pregio, anche se compromessa. Ed è ribadito con forza il principio che “la tutela del paesaggio rappresenta un interesse prevalente su qualunque altro interesse (pubblico e privato) e, quindi, deve essere sempre anteposto all’attuazione delle esigenze urbanistico-edilizie”.

Questo il resoconto.
Dobbiamo ora chiederci perché, in una regione come il Veneto, queste norme tanto efficaci non siano quasi mai utilizzate e si preferisca consentire l’esproprio di risorse collettive vitali per il territorio a favore di pochi speculatori.
La legge che dà ai Comuni la possibilità di tutelare il territorio ha 26 anni: il tempo di una generazione di amministratori locali che, anziché applicarla, hanno preferito il sistematico impoverimento, nel nome di un falso benessere economico, non solo della qualità della vita di tutti ma anche della preziosa risorsa turistica costituita, come ben insegnano altre nazioni, dal paesaggi rurale. E purtroppo è così radicato il malcostume che anche il parco rurale, nonostante le sentenze lo indichino come una delle poche nostre aree pienamente tutelate, ancora è oggetto di cinici attacchi.
Non potendo più contare sulla rimozione dei vincoli per via amministrativa, né sull’articolo 13 della LR.15 (che Galan ha firmato il 9 agosto 2002 per aprire a sorpresa cave di prestito anche nel parco rurale), il potere locale tenta ora la strada della distruzione fisica contando sul superpotere del “Commissario delegato per l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità territoriale nel territorio delle province di Treviso e Vicenza”.
E’ di questi mesi infatti l’ipotesi, inaspettatamente formulata in sede di progetto definitivo della Superstrada Pedemontana Veneta (SPV), di realizzare tra la roggia Rosa e la roggia Dolfina uno svincolo non previsto nel progetto preliminare, con un casello a pedaggiamento manuale (su tutta la Pedemontana era previsto il pedaggiamento automatico) , ampie aree di pertinenza, una vasta area di assistenza utenti, una rotatoria, due strade di adduzione al casello da est e da ovest, una imprecisata strada di adduzione da sud che stranamente coincide con l’inizio della bretella ovest. Tutto questo in totale difformità con lo Studio di Impatto Ambientale e, guarda caso, proprio all’interno del Parco delle Rogge dove vige il divieto di apertura di nuove strade.
Questa ipotesi di casello nel parco è illegittima, e il Commissario lo sa, perché vìola palesemente non solo la LR 40/1984, la DGR 3284/2002, le sentenze n. 863/2006 del TAR e n. 659/2009 del CdS, ma anche la L. 448/1998, la decisione della conferenza dei sindaci a Castelfranco il 30 marzo 2001, la delibera CIPE n. 96 del 29 marzo 2006, ecc ecc.
 

giovedì 19 maggio 2011

DUE IMPORTANTI INIZIATIVE A DIFESA DEL TERRITORIO

Due importanti iniziative per protestare contro l'invasione di opere, che distruggeranno il nostro territorio e renderanno più difficile la nostra vivibilità.
Per la difesa del territorio, dell'agricoltura di qualità, dei beni comuni.
La prima iniziativa, manifestazione sabato 28 maggio 2011 alle ore 15,30 a Breganze, contro l'inizio dei lavori dell'Autostrada Pedemontana Veneta.

La seconda iniziativa, domenica 5 giugno 2011 con ritrovo alle 9,15 a Rosà in piazza del Duomo, biciclettata per difendere il Parco Rurale delle Rogge contro i progetti di devastazione.





Mobilitarsi per il nostro territorio e per la nostra salute è quantomai necessario.

martedì 3 maggio 2011

MUFLONE FERITO DIFESO DAI COLTELLI DI CACCIATORI E POLIZIA PROVINCIALE.




Quanto è accaduto alla sig. Giorgia Marangoni lascia increduli sgomenti e perplessi,  ecco la sua testimonianza: In data 25 aprile, mentre scendevo dall’Altopiano di Asiago, in località Ciscati (Comune di Conco) rinvenivo sul ciglio della strada un piccolo di muflone ferito, probabilmente investito da un’auto. Mi fermavo con l’auto a lato della strada e provvedevo a telefonare immediatamente al 115 segnalando il fatto. L’operatore mi rispose che avrebbe immediatamente avvisato la Polizia Provinciale, organo competente per territorio.

Dopo più di un’ora dalla mia telefonata, venivo contattata al cellulare da un agente di polizia provinciale che si qualificava chiedendomi dettagli sul fatto e luogo.
Dopo averlo sollecitato, data la contingenza della situazione, spiegavo di aver rinvenuto il piccolo di muflone ferito e di aver già fermato un signore che si era presentato con un coltello per sgozzare l’animale, chiarendogli che il piccolo sembrava ferito in modo non grave, tanto che si era alzato in piedi ed era riuscito ad attraversare la strada.
L’agente mi diceva telefonicamente, testuali parole, “Cosa pensa che possa fare io?
Non esistono veterinari né centri per il recupero della fauna selvatica, gli animali vengono abbattuti.
E poi, lo paga lei il veterinario?”.

Io, allibita nel sentire tali parole e comunque impossibilitata a fare in quel momento le opportune verifiche sulla veridicità delle affermazioni dell’agente, chiedevo: “Ma cosa sta dicendo? Come puo’ dire che non vi sono centri di riferimento al quale Lei, quale organo competente, può affidare l’animale per le cure del caso?”.
Risponde: “Probabilmente lei signora ha visto molti film”, comunque arriverò tra circa un’ora perché c’è traffico.
A tale affermazione replicavo: “Quindi lei non puo’ fare nulla se non abbattere l’animale? Io non posso credere che non ci sia un veterinario reperibile”.
Risponde: “Allora veda lei cosa fare, io non posso fare altro e le ripeto che per questi animali non esistono veterinari”.
Io, ancora più sconcertata ed impossibilitata a caricare l’animale in auto, (avevo mia figlia di 23 mesi con me!) riferivo che l’avrei comunque atteso sul posto.
Dopo circa 30 minuti, si presenta sul posto un tale, che lasciando il suo nominativo dice di essere Presidente dei Cacciatori e guardando l’animale, dice: “Non serve chiamare la Polizia Provinciale”, mi arrangio io, l’animale ha osso del collo rotto”. Io ribattevo: “Ma è un medico veterinario?”.

Di lì a poco arrivava l’agente, parla a bassa voce con il presidente dei cacciatori, e dice:”Andate pure tutti via, ci arrangiamo noi”, facendo intendere che avrebbero provveduto ad abbattere l’animale sul posto.

Dopo due ore la polizia provinciale ha riferito che il muflone era morto: ma in che modo?

Renzo Rizzi del C.P.V. ha aggiunto: Il comportamento dell’agente se confermato anche  l’abbattimento del piccolo di muflone risulta inqualificabile, non rispettando ne il prossimo ne il protocollo ne il buon senso, una segnalazione su questo fatto è stata avviata alla procura della repubblica e al corpo forestale dello stato.
Al comandante Claudio Meggiolaro chiedo: comandante, sono queste le disposizioni impartite ai suoi uomini? Se non sono queste, come io immagino, che misure prenderà rispetto ai fatti ? Per ultimo, Il piccolo di muflone è stato scannato sul posto senza l’intervento del veterinario?