mercoledì 26 ottobre 2011

MALTEMPO: I GEOLOGI, MANCA LEGGE DI GOVERNO DEL TERRITORIO

L'anno scorso in Veneto, oggi in Liguria e Toscana. Perchè le violenti piogge portano morte e distruzione. L'opinione dei geologi. 


                                                                    Vicenza 2010 

Un territorio violentato e saccheggiato dall’uomo, unito ad un’atavica predisposizione dell’Italia al rischio idrogeologico, e norme urbanistiche arretrate: sono alcune delle cause che insieme spiegano quello che è accaduto in queste ore in Liguria e Toscana, dove le violenti piogge hanno portato morte e devastazione. L’analisi arriva dai geologi italiani, che conoscono bene le caratteristiche del suolo nel nostro paese e i rischi a cui è soggetto, e che ora chiedono con forza una nuova ‘legge di governo del territorio’. Come ci spiega in questa intervista Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei Geologi.

Perchè succede quello che abbiamo visto in Liguria, Toscana, o a Roma la settimana scorsa, oppure a Giampilieri, Sarno, Atrani, andando indietro nel tempo?
 Al di là della fragilità atavica del nostro territorio, c’è il problema che nel tempo l’uomo ha continuato a urbanizzare, costruire e consumare suolo. Questo ha fatto sì che diminuisse la capacità del terreno di assorbire l’acqua, con la conseguenza che i fiumi, già saccheggiati e violentati, non riescono più a smaltire questa quantità eccessiva di carico. Bisogna riconcepire le nostre città in modo diverso, perchè i modelli con i quali ci confrontiamo oggi non sono più adatti.

Di solito si dice che le norme ci sono ma non si applicano, voi invece chiedete nuove leggi. Cos’è che manca?
 Una classe politica illuminata dovrebbe capire che il territorio è la più grande infrastruttura che possediamo. E oggi cosa fa il governo per questa infrastruttura? Nulla. Ad esempio non possiamo avere ancora una legge urbanistica del 1942, con una concezione vecchia e ormai superata. Anche le leggi regionali sull’urbanistica, seppure aggiornate, sono rimaste ferme agli anni ‘70-’80. Serve una nuova legge di governo del territorio, un’azione di mitigazione del rischio idrogeologico. Mettere in campo azioni significa cominciare a fare un piano di manutenzione che abbia come primo obiettivo le aree metropolitane che sono quelle più a rischio. Ma di tutto questo non c’è assolutamente nulla, abbiamo solo una legge che impone alle Regioni di fare i Pai, i piani di assetto idrogeologici, ma quella non è un’azione di governo.

Quali sono oggi le zone più a rischio?
 Non si può dire in termini assoluti, ma di certo in generale tutte quelle più urbanizzate. E poi, per la conformazione del territorio, la Liguria, ma anche la Sicilia, si pensi a zone come Messina. Il problema non è solo legato al fatto che le città sono state concepite in maniera selvaggia, ma anche che non si è posta nessuna azione di rimedio. Se oggi ci fossero a ogni costruzione delle misure compensative del consumo di suolo, come ad esempio un sistema di raccolta delle acque, già sarebbe un primo passo, ma non esiste una legge che lo imponga.

Fonte: AgenParl

giovedì 20 ottobre 2011

NO ALLA PEDEMONTANA E PER UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO

Un’opera che in questo momento di grave crisi, anziché inserirsi in una nuova visione economica e sociale basata sui Beni Comuni (unica via di uscita dalla crisi) si fonda ancora una volta sulla distruzione e l’espropriazione del territorio, sulla mancata informazione e il non coinvolgimento dei cittadini, sul modello di sviluppo consumistico e di rapina basato su auto+asfalto+cemento+grandi opere+finanza che ha già messo in crisi le risorse della terra. Partecipiamo tutti



mercoledì 19 ottobre 2011

IL TAR CONFERMA IL BLOCCO DELLA CACCIA IN DEROGA


COMUNICATO STAMPA



Oggi il Tar del Veneto, esaminando il ricorso presentato dalla Lega per l'abolizione della caccia e su richiesta del rappresentante legale dei cacciatori, ha deciso di rimandare la sentenza sulla caccia in deroga al 3 novembre. Di conseguenza la sospensione della caccia in deroga in Veneto viene prorogata fino a questa data. “Si tratta di una notizia eccezionale che consente altri 17 giorni di tregua agli uccelli nel picco del periodo migratorio. A prescindere dalla decisione del 3 novembre, siamo riusciti ad evitare un terribile massacro permettendo alla maggior parte degli uccelli di attraversare incolumi i nostri cieli”, è il commento di Andrea Zanoni,  Presidente della LAC Veneto.

I cacciatori non sanno più che pesci pigliare”, attacca Zanoni, “tant'è che loro stessi arrivano a temporeggiare nel momento in cui passa nei nostri cieli il maggior numero di fringuelli e pispole”. “La verità e che non hanno più argomenti a sostegno di una caccia in deroga in violazione della normativa comunitaria Uccelli. Stiamo andando verso il funerale della caccia in deroga”, continua Zanoni.

Il lavoro che sto facendo anche in Europa, con le mie interrogazioni alla Commissione europea, sta dando i suoi frutti”. Zanoni ricorda che in un incontro che ha tenuto a Bruxelles lo scorso 13 ottobre con un rappresentante del gabinetto del Commissario Ue all'Ambiente Janez Potocnik per parlare della caccia in deroga in Veneto e Lombardia, la Commissione ha confermato che “Bruxelles sta seguendo da vicino il caso e che è decisa a portare il procedimento fino in fondo” contro le violazioni italiane.

Il 5 ottobre il Presidente del Tar Veneto, con decreto n° 810/2011, aveva sospeso la delibera regionale n° 1506 sulla caccia in deroga a specie protette accogliendo così il ricorso della LAC. Dopo il rinvio di oggi, la delibera approvata il 20 settembre scorso dalla Giunta Zaia resta sospesa fino al 3 novembre, quando il collegio del Tar si riunirà per prendere una decisione finale.

LAC - Lega per l'abolizione della caccia Email: lacveneto@ecorete.it
Tel. 0422 591119
Sito www.lacveneto.it

venerdì 14 ottobre 2011

LA FORESTA DEL CANSIGLIO E' UN BENE COMUNE!



Il Patrimonio culturale e ambientale del Veneto non è in vendita!





Siamo ogni giorno più allarmati e  indignati dalle sempre più frequenti  esternazioni  a mezzo stampa della Giunta Regionale veneta
sull'intenzione di vendere a privati il "cuore del Cansiglio", cioè una parte rilevante della Piana: l'Hotel S. Marco, il  campo da golf, il Rifugio  S. Osvaldo,  l'area dell'ex Caserma Bianchin.
E tutto questo viene giustificato con la scusa della crisi economica e della mancanza di risorse, ma in realtà questa vendita permetterebbe di realizzare solo una  manciata di milioni di euro, poco più di una decina. Una cifra irrilevante per il bilancio regionale ed ancora più ridicola  alla luce della notizia di questi giorni per cui è bastato un viaggio a Roma del presidente della provincia  autonoma di Bolzano Luis Durnwalder per "portarsi a casa" ben 74 milioni di euro tirati fuori dai  FAS, "Fondi per le Aree Svantaggiate" ( Bolzano area svantaggiata?).
 Dunque questo è il peso  dei politici veneti a livello nazionale?
Ma se passerà questa vendita, allora si sarà rotta una diga e, al di là delle promesse degli attuali assessori ( chi se ne ricorderà o le rispetterà  fra cinque o dieci anni?) per cui si vende "solo" questa parte, tutto il patrimonio culturale  e ambientale del Veneto sarà in pericolo.
Ora tocca  al Cansiglio, poi sarà il turno di Vallevecchia-la Brussa, della Foresta di Giazza, delle Riserve del Monte Baldo e così via.
Ma è concepibile che l'Antica Foresta del Cansiglio, uno dei luoghi principali dell'identità veneta, il Gran Bosco da Reme  della Serenissima Repubblica di Venezia, che ha resistito integro per oltre 1000 anni, un luogo sacro alla memoria della Resistenza, possa venire smembrato e venduto al miglior offerente?Tutto ciò è assolutamente inaccettabile  e degno solo di una barbarie culturale di ritorno.
Dopo la vendita, casomai avvenisse,  chi parlerà più di Area Protetta o di Cansiglio Patrimonio dell'Umanità - UNESCO?
Ma non era lo Stato centrale, cioè "Roma ladrona", che voleva vendere pezzi delle Dolomiti?
Cisono moltissime altre parti del patrimonio  veneto, sopratutto proprietà edilizie isolate o in disuso, da  mettere sul mercato per "fare cassa", mentre la vendita del cuore del Cansiglio sarebbe una perdita irrecuperabile e una ferita mortale per tutta la popolazione del Veneto e la sua identità storica e culturale, al di là degli schieramenti politici o delle differenti opinioni.
Come cittadino veneto chiedo al Presidente della Regione, alla Giunta regionale, al Consiglio regionale tutto che nessuna parte dell'Antica Foresta del Cansiglio venga venduta. Altra cosa è invece cedere in affitto, anche per un tempo lungo e comunque per finalità compatibili con l'importanza sia naturalistica che storica di questo patrimonio regionale, che quindi  è di tutti, non di pochi privilegiati.
Come cittadino veneto chiedo che la Foresta del Cansiglio venga valorizzata  attraverso la creazione di un'Area protetta  e venga  avviata la richiesta per il riconoscimento di Patrimonio Culturale dell'Umanità-UNESCO.

mercoledì 12 ottobre 2011

CONVEGNO SU VALDASTICO NORD: SOLO PER PERSONE SELEZIONATE


Riporto in seguito, per dovere di informazione, un fatto spiacevole che riguarda il convegno “Valdastico nord: infrastrutture e crescita economica”.
 
 
 Mercoledì 12 ottobre ore 12: telefono all’agenzia Meneghini &associati, che cura l’evento, per sincerarmi di poter partecipare al convegno in qualità di libero cittadino che vuole essere informato sull’opera. Specifico ai lettori che si è trattato di uno scrupolo personale, in quanto avevo già compilato e inviato con successo la scheda d’iscrizione on-line che non fissava  esplicite restrizioni circa il titolo dei partecipanti.
Con mio grande stupore l’impiegata dell’agenzia temporeggia nel darmi una risposta e, stando alla cornetta, sento che cerca numi tra i colleghi. Nello specifico, cita a bassa voce la richiesta dei promotori del convegno “di avere pubblico selezionato, non i no-global”. Mi preoccupo di spiegarle che vorrei partecipare solo a fini informativi e che non sono un no-global: niente da fare, mi richiama dopo pochi minuti con tono dispiaciuto, informandomi che la partecipazione è esclusivamente su invito.
Dopo una simile risposta confezionata al momento per liquidarmi(nel manifesto non era indicato niente di tutto ciò), sento la democrazia e la libertà di informarsi scricchiolare pesantemente. Non nascondo di essere tendenzialmente contrario all’opera, ma vorrei poter sfruttare simili occasioni di informazione per capire perché vogliono sventrare una valle vicentina(in parte al confine con un parco naturale, quello della Val d’Assa) e perché reputano l’interesse economico di pochi più importante dell’ambiente e del patrimonio paesaggistico e idrico del territorio.
Mi amareggia, peraltro, captare il desiderio di chi organizza questo convegno di farlo a porte chiuse, selezionando delle muse appigionate, calpestando gli interessi dei cittadini a cui viene preclusa persino una partecipazione tacita e pacifica.
Voglio rendere pubblica questa esperienza sgradevole per denunciare come viene portata avanti la propaganda di questa discutibile opera, facendo leva solo sugli aspetti economici e manipolando gli eventi per mostrare un’immagine di alto gradimento da parte del pubblico.

FEDERICO STAZZER 

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domenica 9 ottobre 2011

EMERGENZA ABITATIVA A BASSANO

Le scelte di bilancio dell'amministrazione penalizzano le "vite di scarto". Ne è convinto il Sunia
Di Sunia - sede di Bassano del Grappa






Nulla più del bilancio consuntivo consente di giudicare quello che una amministrazione locale ha fatto. C'é l'interrogazione che i poveri (circa 1/3, le "vite di scarto" é stato detto) rivolgono alla parte benestante o opulenta della nostra società (circa i 2/3) secondo la celebre ripartizione del sociologo tedesco Peter Glotz.

Questa realtà esiste anche a Bassano specie per la questione casa e l'attuale situazione di recessione usura i riferimenti ai tradizionali punti di appoggio: lavoro, economia che gira, assenza di cause per possibili conflitti sociali, ecc.
Il bilancio comunale di Bassano è un documento arido ma ricco di idee, raramente da noi condivisibili. E in futuro lo esamineremo per tutti su queste pagine sperando che si apra una discussione al riguardo. Certo, il governo ha ridotto i trasferimenti ai comuni, che però hanno acquisito una capacità di imposizione che prima non avevano. Ma il problema vero é un altro: non si possono fare spese voluttuarie, per gli spettacoli, per il tempo libero e poi lamentarci che per la casa non ci sono soldi. Non si tratta cioè di una questione solo contabile ma di scelta di dove e per chi spendere. Nel dicembre 2010 abbiamo depositato una documento con analisi e proposte, che la maggioranza consiliare ha disattese perché nelle delibere approvate non c'é letteralmente un euro per dare una casa agli sfrattati.
Una proposta di soluzioni
Quando chiamiamo il comune di Bassano ad operare non ci limitiamo alle parole. Al sindaco, poco dopo la sua elezione, questo inizio estate alla assessora Breda abbiamo fatto delle proposte praticabili, purché si superi l'arruolamento fra le file dei 2/3.
1) La L.R. 10/96, all'art. 11, attribuisce ai comuni la possibilità di assegnare direttamente il 15% delle abitazioni che l'Ater si appresta ad assegnare. La norma prevede di innalzare questa percentuale chiedendo l'autorizzazione alla Regione.
2) Il comune aveva sessanta alloggi sfitti in proprietà. Invece di curarne la manutenzione stipulando, ad esempio un mutuo in conto capitale, l'attuale amministrazione ha deciso di venderli tutti. Tale situazione di omessa manutenzione che ha causato un grave danno al patrimonio comunale si é prodotta in questi ultimi anni. Con questa scelta politica la maggioranza comunale di Bassano si é preclusa la possibilità di offrire agli sfrattati una soluzione abitativa, cioè umana.
3) Il comune può locare alloggi sul mercato libero od a canone concordato e sub-locarli ad affitto adeguato al reddito famigliare degli sfrattati. Anche qui si obietta che mancano i soldi
Dove trovare i fondi
La L. 431/98, all'art.2, comma quattro, prevede, per gli alloggi sfitti da almeno due anni, la possibilità per i comuni di portare l'aliquota ICI dal 7 per mille di quella ordinaria al 9 per mille. Da almeno quattro anni facciamo invano questa richiesta/proposta, prima al centro destra ora al centro sinistra. Nulla da fare, si obietta, per la mancanza dei dati (indirizzo e proprietario degli alloggi sfitti). Difficile farsi ascoltare da chi non vuol sentire. Per questo é stata lasciata cadere la nostra proposta di acquisire tramite l'Etra, gestore dell'acquedotto, i dati circa la quantità di acqua utilizzata nelle varie abitazioni: se in un appartamento si registra, ad esempio, un consumo di una decina di metri cubi di acqua all'anno é ragionevole che esso non sia abitato. Trattandosi di utenze l'Etra ha l'indirizzo completo, compreso il piano, ed il nome del proprietario. Perchè l'amministrazione non l'ha "utilizzata"? Quanti soldi ha perduto? Gli amministratori ora, finalmente, affermano che si stanno muovendo nel senso chiesto dal SUNIA. Però vedremo se l'applicazione sarà rigorosa o se ci saranno "eccezioni" per i soliti noti.
Per le persone in difficoltà economica il comune prevede varie elemosine e provvidenze. Tutte cose meritorie, da mantenere, che si inseriscono nel tradizionale intervento dei poteri pubblici dalla legge Crispi (1890) in poi. Certo, il comune di Bassano é moderno, però in questa parte del suo bilancio consuntivo 2009 si sente odore di un secolo fa e molto si potrebbe fare di diverso, come abbiamo proposto e come spiegheremo la prossima volta, perché gli spazi, come le case, non sono sufficienti (anche se non possiamo non ringraziare BassanoPiù di darci questa grande opportunità di informazione).
Con le cifre alla mano, quindi, si può sostenere che l'attuale amministrazione avrebbe avuto, invece, gli spazi finanziari per accentuare nel corrente anno la giustizia sociale e l' umana solidarietà verso le famiglie povere, sfrattate. Per far questo avrebbe dovuto "deludere"alcuni degli "amici" e degli "amici degli amici" della società bassanese dei 2/3. Però bisogna aver sempre presente che dietro a ogni sfratto ci sono spesso gli occhi vispi ma impauriti di un bambino, quelli ansiosi di un padre e di una madre, quelli stanchi e rassegnati al peggio di una persona anziana.
Non far entrare questa problematica nel bilancio comunale é segno di indurimento delle coscienze e di caduta delle sensibilità umane. Lo diciamo anche ai due terzi dei bassanesi.

Vicenza Più 9 ottobre 2011

sabato 8 ottobre 2011

UNITI PER L'ALTERNATIVA - ROMA 15 OTTOBRE







Il 15 ottobre è la giornata degli indignados in tutta Europa. In Italia, una grande manifestazione attraverserà le strade di Roma. Da Vicenza organizzati diversi pullman: 
- SCHIO ore 5.00 di sabato c/o csa arcadia via lago di tovel 
- VALDAGNO ore 5.00 stazione delle corriere 
- MONTECCHIO M. ore 5.00 p.zza san paolo 
- VICENZA ore 5.30 parcheggio della valbruna
rientro in nottata di domenica

PER INFO E ADESIONI:
presidio3349000595
bocciodromo 3491858949
arcadia 3287445166
mesa 3453412916

prezzi: studenti o disoccupati 15 euro, lavoratori 25 euro

DOCUMENTO FINALE DELL’ASSEMBLEA DEL 24 SETTEMBRE 2011 DI ROMA - UNITI PER L’ALTERNATIVA

TINA, "There Is No Alternative" (come diceva la Thatcher negli anni ’80), "non c’è alternativa": questa sembra essere la logica autoritaria che le élite finanziarie e la BCE impongono all’agenda di tutti i governi europei, di centrodestra e di centrosinistra. Non c’è alternativa – questo ci dicono - alle politiche di austerity per uscire dalla crisi. È ormai sotto gli occhi di tutti l’incapacità dei governi europei, di fatto commissariati, di proporre soluzioni diverse dalle solite ricette neoliberiste: tagli, austerity, privatizzazioni, aumento del tasso di sfruttamento.
La crisi economica globale ha subito negli ultimi mesi una nuova violenta accelerazione, le cui conseguenze sono scaricate sulla vita degli uomini e delle donne. Ci troviamo oggi a pagare la crisi due volte: l’esplosione della bolla del capitalismo finanziario, per salvare le banche, è stata scaricata sui bilanci pubblici, e ora gli stessi attori finanziari transanazionali puntano il dito contro il debito pubblico così generato, lanciano attacchi speculativi e chiedono nuove misure di austerity per ridurre il debito e rendere meno rischiosi gli investimenti. In altre parole: prima ci fanno pagare la crisi, poi la sua presunta soluzione.
L’economia della crisi mette dunque in ostaggio la politica, impedendo di fatto l’esercizio di qualsiasi residua forma di sovranità popolare, definitivamente soffocata dai dogmi della governabilità e del pareggio di bilancio. Ripagare il debito e raggiungere forzatamente il pareggio di bilancio, addirittura formalizzandolo nelle costituzioni nazionali, diventa la priorità assoluta per chi governa la crisi.
Qualsiasi progetto di alternativa richiede come condizione preliminare la rottura di questo quadro di compatibilità e, di conseguenza, non può che partire dal rifiuto radicale della logica del pagamento del debito a ogni costo e del pareggio di bilancio.
I piani su cui la situazione impone di muoversi sono molteplici: nessuna iniziativa può prescidere da una proiezione immediata sullo spazio europeo. Le vicende di queste settimane ci dicono che quelle del governo italiano sono variazioni, per quanto regressive, su un tema che è composto altrove. Ciò che diciamo da anni sullo svuotamento dei palazzi del potere e sulla crisi della sovranità e della democrazia rappresentativa, è ormai sotto gli occhi di tutti, e un cambio di governo, magari in direzione tecnocratica, non comporta necessariamente un cambiamento reale. In questo contesto, non sappiamo più cosa farcene delle politiche dell’alternanza, dato che le decisioni sono prese altrove, a prescindere dal governo che scegliamo e dal suo colore politico.
Una radicale inversione di tendenza è necessaria. A 10 anni da Genova e dopo la straordinaria stagione di lotte dell’ultimo anno, i movimenti sociali hanno la responsabilità di rilanciare la propria azione in un campo più vasto, oltrepassando i limiti della resistenza e della testimonianza. C’è bisogno di un processo aperto, inclusivo e non burocratico, in grado di rendere ognuno protagonista e responsabile del comune percorso di resistenza e costruzione dell’alternativa.
Le mobilitazioni dell’ultimo anno hanno dimostrato di saper immaginare il conflitto come pratica immediatamente costituente, come terreno di riappropriazione della decisione democratica, al di fuori da ogni nesso di delega e rappresentanza. La vittoria referendaria di giugno dimostra la capacità dei movimenti di riappropriarsi degli spazi politici e giuridici della decisione. Allo stesso modo, le esperienze dell’ex Cinema Palazzo occupato e del Teatro Valle occupato, rappresentano delle sperimentazioni politiche concrete di costruzione di istituzione del comune.
«Uniti per l’alternativa» si configura quindi come spazio pubblico di condivisione di tutti i soggetti sociali e politici disposti a mettersi in gioco in questo processo, come motore di mobilitazione, inclusivo e non autosufficiente, e come luogo di costruzione di un’alternativa reale, basata su contenuti radicali e non incasellabile nelle gabbie della rappresentanza e del governo dell’austerity.
Il 15 ottobre può e deve essere il primo passo di questo duplice percorso: sul piano internazionale, è l’occasione per mettere in campo, dietro lo slogan«United for global change», una mobilitazione continentale e globale per una nuova idea di società, basata sulla giustizia sociale ed ambientale e la democrazia reale; rispetto al contesato italiano, rappresenta l’occasione, non solo per sfiduciare dal basso il Governo Berlusconi, ma anche lo spazio costituente per ogni alternativa politica. I contenuti del 15 ottobre, frutto delle mobilitazioni dei soggetti sociali, rappresentano la piattaforma per il cambiamento che vogliamo, la proposta che gli uomini e le donne di questo paese, i movimenti, i soggetti sociali in mobilitazione avanzano all’intera società.
Cogliamo positivamente le sollecitazioni e le proposte di confronto sul piano dell’alternativa, avanzate dagli amministratori locali presenti all’assemblea. Rilanciamo l’assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo e della cultura che si terrà il 30 al Teatro Valle Occupato. In vista del 15 ottobre proponiamo alle reti sociali di mettere in campo iniziative, azioni, vertenze, che consentano di moltiplicare la partecipazione al corteo.
Di questo percorso fa parte la battaglia della FIOM per la riconquista del contratto nazionale, per la sua generalizzazione e per la cancellazione dell’articolo 8 della manovra finanziaria. Occorre combattere la precarizzazione del lavoro, conquistare l’universalità e l’uguaglianza dei diritti e costruire concretamente un nuovo welfare. Riappropriarci del reddito come si occupavano le terre contro i latifondisti: la ridistribuzione della ricchezza sociale è oggi lotta contro chi produce rendita sulle nostre vite.
La nostra alternativa parte dai beni comuni, per la costruzione di un nuovo modello sociale, attraverso la gestione democratica del territorio, la riconversione ecologica della produzione, la democrazia energetica, la costruzione di un’altra scuola, di un’altra università, di un’altra ricerca, universalmente accessibili e in grado di contribuire alla svolta democratica, sociale ed ecologica di cui abbiamo bisogno. Rompere il quadro delle compatibilità, rovesciare i rapporti di forza, produrre un cambiamento reale. Questa è la nostra battaglia, questo è il percorso dell’alternativa, per una stagione di lotte che sia costituente di una nuova pratica democratica e sociale.

venerdì 7 ottobre 2011

mercoledì 5 ottobre 2011

TAGLI AL TRASPORTO PUBBLICO E FINANZIAMENTI PER IL TRASPORTO SU GOMMA


I problemi che si sono avuti in questi ultimi giorni nella linea ferroviaria Bassano Padova e nella linea Bassano Trento, che stati anche denunciati sulla stampa locale, è il risultato delle politiche di tagli ai trasporti pubblici che anche in Veneto stanno creando molti problemi.

Però per quanto riguarda strade e autostrade i soldi arrivano a palate.








Interessante al riguardo il  rapporto Pendolaria 2010 di Legambiente

“Con i tagli operati dal Governo ai treni pendolari, un treno ogni tre rischia di essere cancellato – ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile Trasporti di Legambiente -. Dal 13 dicembre, con il nuovo orario invernale, si apre una stagione drammatica per i pendolari italiani, destinata, in assenza di nuovi provvedimenti, a peggiorare a causa dei tagli ancora più drastici che le Regioni saranno costrette ad operare. La Legge di Bilancio non ha risolto nulla in tal senso, anzi, ha certificato che per il 2011 mancano ben 800 milioni di Euro, pari al 45% delle risorse in meno rispetto allo scorso anno, mentre dal 2012 queste si ridurranno ancora”. Con la Manovra di luglio infatti, sono stati cancellati ben 1.224 milioni di Euro di trasferimenti alle Regioni per le spese relative al servizio di trasporto ferroviario regionale, mentre dalla Manovra approvata la scorsa settimana dalla Camera sono previste risorse pari a 425 milioni per l’acquisto di treni pendolari. La beffa è che i soldi per l’acquisto dei nuovi treni verranno utilizzati dalle Regioni per “salvare” la circolazione di quelli esistenti. Quindi, comunque, meno treni e le solite vecchie carrozze.
In questa situazione appare incredibile il completo silenzio da parte del Ministro dei Trasporti Altero Matteoli che, al contrario, quando si tratta di difendere nuove strade, si batte come un leone attraverso dichiarazioni pubbliche e annunci di nuovi cantieri, mentre sui treni pendolari tace e scarica i tagli sulle Regioni. Il vergognoso squilibrio delle risorse a favore della gomma, infatti, si ripete anche quest’anno. Basti dire che la Legge di Bilancio regala 400 milioni di Euro all’autotrasporto, e che nel 2011 sono previsti dal Governo investimenti complessivi per 1.230 milioni di Euro per nuove strade e autostrade, tra Legge Obiettivo e Expo di Milano.
“Non è possibile pensare di poter abbandonare i pendolari in questa situazione e le città a soccombere tra traffico e inquinamento - ha continuato Zanchini -. Occorre intervenire affinché nel passaggio della Legge di Bilancio al Senato si possa ripristinare una situazione di normalità. Bisogna individuare subito le risorse per l’acquisto dei nuovi treni e ristabilire il sistema di finanziamento del servizio attraverso l’accisa sul gasolio”. L’errore e l’incredibile irresponsabilità da parte del Governo - secondo Legambiente – sta, infatti, nell’aver tagliato le risorse e contemporaneamente aver soppresso la norma contenuta nella Finanziaria 2008, che consentiva alle Regioni, a partire dal 2011, di trattenere una quota dell’accisa sul gasolio per il servizio ferroviario regionale.
Ma quali sono le più probabili conseguenze per i pendolari italiani? La prima certezza è l’aumento del prezzo dei biglietti, clausola obbligatoria fissata dalla Legge di Bilancio, comunque assolutamente insufficiente. La seconda sono i tagli, che potranno variare a seconda delle risorse che le Regioni riusciranno a togliere ad altri capitoli di spesa, con una dimensione che varia tra il 10 e il 30% dei treni da cancellare e che si comincerà in parte a vedere già con l’orario che scatterà il 13 dicembre.
Per evidenziare il futuro impatto di queste scelte Legambiente ha voluto illustrare la situazione di alcune linee ferroviarie delle principali città italiane.
I monitoraggi sono stati effettuati in tutto il territorio Italiano, e quasi ovunque sono emerse analoghe criticità legate a ritardi, sovraffollamento, convogli degradati, improvvise soppressioni dei convogli e in moltissime stazioni minori l’impossibilità di acquistare il biglietto per l’assenza dei distributori automatici.
In sintesi i dati più critici giungono dal Lazio, precisamente dalla linea Nettuno-Roma dove la rete e il numero di mezzi non corrispondono minimamente  alla domanda dei pendolari in termini di capienza. In Piemonte nella tratta Cuneo-Torino i pendolari lamentano la costante mancanza di carrozze sufficienti e spesso i convogli sono sporchi e degradati, e nella linea Aosta-Ivrea-Torino,  poiché i treni, dal 12 dicembre, i treni diesel (unici circolanti) non potranno più entrare nella stazione sotterranea di Torino Porta Susa, costringendo i passeggeri ad effettuare un cambio. Nelle Marche il monitoraggio è stato effettuato sulla S.Benedetto del Tronto-Ancona per evidenziare la necessità di una metropolitana di superficie che colleghi le città costiere marchigiane. In Liguria la linea monitorata è la Acqui Terme-Ovada-Genova, tratta lunga solo 63 km di cui ben 46 a binario unico, con un tempo di percorrenza tra i 70 e gli 88 minuti e una velocità che varia dai 42 ai 54 km/h. In Emilia-Romagna sulla tratta Rimini-Bologna in tre giorni di monitoraggio (dalle ore 7 alle 9:30), effettuato su 29 treni, ben 16 (oltre il 55%) sono risultati inaccessibili per sovraffollamento. Tra questi, 4 treni presentavano almeno 2 carrozze chiuse con  ulteriori problemi di capienza del convoglio. In Puglia la Foggia-Trani-Bari soffre di croniche insufficienze di posti a sedere, con il 40% dei viaggiatori che rimane in piedi nella fascia oraria 8 - 8:30.
Anche la Sicilia presenta situazioni di grave disagio, in particolare sulla tratta Agrigento-Palermo dove la soppressione dei treni è un fenomeno purtroppo frequente e la sostituzione del servizio con autobus, spesso per l’intero tratto, produce non pochi problemi di orario e di capienza
Larea  Veneta è una di quelle in cui sarebbe più importante ragionare in termini nuovi di trasporto pendolare per la fortissima mobilità tra i diversi centri. Purtroppo il progetto presentato oramai da diversi anni di creare un Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (SMFR) previsto sia dal Piano Regionale di Sviluppo che dal Piano Territoriale Regionale di Coordinamento verso i principali poli del “sistema metropolitano centro-veneto”, con treni ad alta frequentazione tra le città e i centri posti nel quadrilatero Treviso, Venezia, Padova, Castelfranco Veneto è in rilevante ritardo; ma il  lungimirante concetto di arrivare ad un cadenzamento regolare e frequente dei passaggi dei treni, con al tempo stesso un collegamento multi direzionale che si dipana dai nodi, dovrebbe essere una priorità.
Tra le peggiori linee frequentate dai pendolari della nostra regione si rivela la Calalzo – Padova, con costanti disservizi, treni in ritardo ed in alcuni casi soppressioni improvvise dei convogli senza un’adeguata assistenza e informazione ai viaggiatori, con una situazione pesante anche sul fronte della pulizia.
Per lo snodo veronese il monitoraggio si è concentrato sulla tratta Verona – Rovigo gestita da Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per la quale si denunciano oltre all’uso obsoleto di treni a vagone unico a diesel, gravi mancanze sui servizi a terra. Un esempio è la stazione di Bovolone che da anni vive una situazione di totale abbandono nella quale mancano gli indispensabili servizi di biglietteria, la sala d’attesa e i parcheggi di interscambio. È purtroppo la situazione di molte stazioni minori della provincia che, per la scarsa attenzione e le poche risorse messe a disposizione, sono destinate ad un ancora maggiore degrado se non a scomparire definitivamente.
In controtendenza rispetto alla maggior parte delle linee nazionali monitorate la Verona-Rovigo non  ha presentato particolari situazioni di sovraffollamento, nonostante i limitatissimi posti disponibili.
È questa una condizione che deve far riflettere. La scarsa frequenza, i pochi treni disponibili negli orari di punta, l’incertezza negli orari degli arrivi e delle partenze, le linee più frequentabili ancora  a binario unico e  la mancanza di un interscambio efficiente ed efficace con il servizio urbano presso la stazione di Porta Nuova costringono evidentemente i pendolari a spostarsi con mezzi propri.
Va inoltre denunciata la scarsa e datata analisi sui flussi di traffico pendolare disponibile, e la conseguente difficoltà a valutare le reali esigenze dei cittadini che quotidianamente si spostano per  studio o per lavoro dal centro alla periferia o viceversa.
“Siamo convinti che investire sul trasporto ferroviario pendolare sia una ricetta che fa bene alle città, al portafoglio delle famiglie, alla qualità della vita e all’aria che respiriamo”- dichiara Lorenzo Albi presidente di Legambiente di Verona – e che affiancare servizi urbani con corsie preferenziali e con frequenza costante sia l’unica alternativa per  affrontare correttamente le molte criticità della nostra provincia, quali la qualità dell’aria e la costante congestione nelle ore di punta della viabilità ordinaria.

lunedì 3 ottobre 2011

PENSARE LA DECRESCITA

 Riflessioni su progresso e sviluppo Rosà, 14-15-16 Ottobre 2011

 Evento inserito nel programma “Verso Venezia 2012: IIIa Conferenza Internazionale su decrescita, sostenibilità ecologica, ed equità sociale. Venezia 19-23 settembre 2012”


Venerdì 14 Ottobre ore 21.00 Anfiteatro Athena – presso il Palazzetto dello Sport di Rosà

Concerto di gruppi emergenti con:
Skacco Matto (ska)
Figli di un temporale (cover di F. de Andrè)
Il brodo oltre la siepe (rock acustico)
Super Hofmann (pop rock)
In caso di maltempo il concerto avrà luogo all’interno del Palarosà (ingresso libero)

Sabato 15 Ottobre ore 15.00 Aula Magna Scuola Media Statale di Rosà

Convegno “Benessere senza crescita: utopia o necessità?”
Interventi di:
Paolo Cacciari, Movimento per la decrescita – Riflessioni sull’idea di decrescita
Carlo Costantini, AltroVEneto – La pianificazione territoriale nel Veneto
Claudio Pellanda, KlimArk –
Stefano Peloso, Transition Italia – L’esperienza delle città in transizione
Riccardo Milano, Banca Etica -


Domenica 16 Ottobre dalle ore 9.00 Piazza Card. Baggio – Rosà

Le buone pratiche: stand e laboratori di pratiche sostenibili
Gas Rosà
Grappalug – gruppo utenti Gnu/Linux Bassano
Commercio equo e solidale
Editoria Tematica
Autoproduzione formaggi, yogurt, birra, detersivi…
Pizze con forno a legna autocostruito
Case efficienti – laboratorio con KlimArk
Bigiotteria con materiali riciclati

In caso di maltempo la manifestazione avrà luogo all’interno del Tempio dei giovani


Per informazioni: 3493755621