mercoledì 30 novembre 2011

IL 12 DICEMBRE PRESIDIO DAVANTI IL TRIBUNALE DI TRENTO

 

Tricom: la lotta continua

Partecipiamo numerosi il 12 dicembre al presidio davanti il Tribunale di Trento a sostegno dei nostri compagni denunciati



   Le vicende della Tricom/Galvanica PM di Tezze sul Brenta, (così come le abbiamo conosciute in questi anni), hanno rivelato l’enormità del livello dell’inquinamento prodotto dall’azienda, che ha causato danni irreversibili al territorio e ha portato a numerosi decessi tra i lavoratori per malattia professionale, causa l’esposizione a sostanze tossiche presenti nel processo produttivo.
   Ma, se il disastro ambientale ha avuto  conseguenze penali per il responsabile dell’azienda Zampierin, la malattia e la morte di numerosi lavoratori rimangono totalmente impunite.
Il tribunale di Bassano del Grappa, infatti, con la sentenza dello scorso 24 maggio, ha disposto l’assoluzione, “perché il fatto non sussiste”, degli imputati: il già nominato Zampierin, il suo socio nell’azienda, Adriano Sgarbossa e il direttore Rocco Battistella, già sindaco per 25 anni di Tezze sul Brenta. 
   Questa assoluzione, inaccettabile sotto il profilo del diritto e della democrazia, ha portato a  dure proteste da parte dei famigliari delle vittime e del loro Comitato. In particolare, a seguito della lettura della sentenza, la sorpresa e l’indignazione dei presenti al presidio indetto dal Comitato di fronte al tribunale, portavano al lancio di alcune uova e a qualche duro slogan.
   Per questi fatti, 8 lavoratori dei comitati di Tezze/Bassano e di quello omonimo di Sesto San Giovanni (MI), sono stati denunciati per minacce ed imbrattamento.
Saranno per questo processati il 12 dicembre prossimo presso il tribunale di Trento.
   E’ inaccettabile che, a fronte di una sentenza vergognosa, siano processati coloro che per anni hanno sostenuto le giuste richieste di giustizia da parte dei famigliari delle vittime, mentre vengano  assolti i padroni, responsabili di questa ennesima tragedia del lavoro.

Per questo la lotta che abbiamo intrapreso continua, anche a Trento.

   Abbiamo indetto un presidio di protesta e di lotta davanti al tribunale locale, in occasione dell’apertura del processo, lunedì 12 dicembre 2011 alle 9.
   Raccogliamo l’adesione di  chi comprende la necessità della lotta dei lavoratori per condizioni di vita e lavoro migliori; in un momento, come quello attuale, in cui i padroni, sostenuti dai loro governi di centro destra, di centro sinistra o di unità nazionale, conducono un attacco senza precedenti ai lavoratori, al punto che la tutela della salute nei luoghi di  lavoro, per la quale ci battiamo, vede un drammatico incremento dei decessi per infortuni e malattie professionali.

A fianco dei famigliari delle vittime dello sfruttamento padronale
Solidarietà a chi lotta e resiste!
                                      
                               Tutti a Trento il 12 dicembre!


Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio di Tezze s/B e Bassano


Stiamo organizzando un pullman per partecipare al presidio di Trento. Inviare le adesioni a:

venerdì 25 novembre 2011

SILENZIO TOTALE SULLE CAVE IN VALBRENTA


Non si sente più parlare delle cave in Valbrenta. Eppure continuano a scavare senza sosta.
A Carpanè la miniera si sta mangiando una parte di montagna, mentre nei pressi di Cismon i cavatori stanno facendo sparire i conoidi di deiezione, (che sono quelli che rendono la vallata più interessante dal punto di vista ambientale), quando invece dovrebbero asportare solo la parte superficiale. Questo accade anche tra Primolano e il confine con il trentino.  
I comuni che potrebbero  ostacolare certe attività, dal momento che non c'è un vero e proprio incentivo economico che vada a loro vantaggio con queste cave invece accettano tutto questo.
L'incentivo poi ha un valore insignificante, e il ritorno monetario dovrebbe essere calcolato sui volumi di materiale esportato..
Tutto ciò sta contribuendo all'impoverimento del territorio ed all'allontanamento dei residenti.


Intanto la situazione delle cave in Veneto e in Italia è un business senza regole.
Secondo Legambiente la situazione delle cave è un’ottima cartina di tornasole per capire come si sta orientando il futuro del nostro Paese. Questo settore è infatti in forte connessione con il settore delle infrastruture, dell’edilizia, del Made in Italy (con le ceramiche) e non ultima con la gestione urbanistica e del paesaggio.

In molti paesi europei la legislazione sulle cave è stata rivista di pari passo con la necessità di un adeguamento alla green economy. Legambiente intende perciò con questo studio mettere in evidenza i problemi e portare alla luce una situazione che sembra non essere presa in considerazione da nessuna istituzione nel nostro Paese. Lo studio è costruito attraverso un questionario inviato alle Regioni ed alle Province competenti, incrociando i dati con studi europei e di settore. Le cave attive sono 5.736 mentre sono 13.016 quelle dismesse nelle Regioni in cui esiste un monitoraggio. A queste ultime si dovrebbero sommare le cave abbandonate in Calabria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia, il che porterebbe il dato a superare di gran lunga le 15 mila cave dismesse.
Nel 2010, con la crisi economica, soprattutto quella del settore edilizio, i numeri si sono ridimensionati rimanendo però impressionanti. Sono infatti 90 i milioni di metri cubi estratti nel 2010 solo per sabbia e ghiaia, materiali fondamentali nelle costruzioni, ma altrettanto elevati sono i quantitativi di calcare (41,7 milioni di metri cubi anche in questo caso utilizzati nel ciclo del cemento) e di pietre ornamentali (12 milioni di metri cubi). L’estrazione di sabbia e ghiaia rappresenta il 59% di tutti i materiali cavati in Italia; ai primi posti Lombardia, Lazio e Piemonte, che da sole raggiungono il 50% del totale estratto ogni anno con 43 milioni di metri cubi.
Il quadro normativo per la gestione di questa grande attività è fermo al Regio Decreto del 1927. Al centro-nord almeno il quadro delle regole è completo: i Piani Cava sono periodicamente aggiornati per rispondere alle richieste di una lobby dei cavatori organizzata. Mentre particolarmente preoccupanti sono le situazioni di Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, tutte Regioni che non hanno un Piano Cave in vigore. L’assenza dei piani è particolarmente grave perché in pratica si lascia tutto il potere decisionale in mano a chi concede l'autorizzazione senza alcun riferimento su quanto, dove, come cavare. E se si considera il peso che le Ecomafie hanno nella gestione del ciclo del cemento e nel controllo della aree di estrazione è particolarmente preoccupante una situazione priva di regole.
L’Italia, fra l’altro, in controtendenza con tutti gli altri paesi europei continua a consumare cemento, seppure con una lieve flessione, in maniera davvero preoccupante: con oltre 34 milioni di tonnellate di cemento consumati in un periodo di crisi, per una media di 565 chili per ogni cittadino a fronte di una media europea di 404.
I motivi sono la costruzione di una grande quantità di case negli ultimi anni, un ritardo nell’innovazione tecnologica che rallenta e rende farraginosa la realizzazione di infrastrutture.
Poi vi è un uso eccessivo nelle opere pubbliche spinto da un quadro normativo arretrato (e da evidenti interessi economici) oltre che da un ritardo culturale della progettazione rispetto agli altri Paesi europei che ne utilizzano molto meno a parità (o maggiori) interventi realizzati.
I guadagni per i lavori in cava sono soltanto per chi estrae. In media nelle Regioni si paga il 4% del prezzo di vendita degli inerti.
Ancora più incredibile è la situazione delle Regioni dove si cava gratis: Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Ma anche Valle d’Aosta e Lazio dove si chiedono pochi centesimi di euro per cavare metri cubi di inerti.
Le entrate per gli Enti Pubblici sono quindi davvero esigue rispetto al giro d’affari del settore. Il totale nazionale di tutte le concessioni pagate nelle Regioni, per sabbia e ghiaia, arriva a 36 milioni di Euro rispetto a 1 miliardo e 115 milioni di Euro l’anno ricavato dai cavatori dalla vendita.
L’ Emilia-Romagna la Regione dove si sta facendo di più, non solo rispetto al recupero delle aree dismesse ed alla pianificazione, ma anche in relazione ad i possibili aumenti dei canoni proposti in una risoluzione approvata dall’Assemblea Legislativa Regionale.
Un ragionamento importante, e legato inevitabilmente al tema delle regole, è quello della fiscalità. Non solo perché è assurdo che il costo del prelievo sia addirittura spesso pari a zero a fronte di guadagni altissimi dalla vendita dei materiali, ma anche per il costo esiguo del conferimento a discarica dei rifiuti provenienti dall’edilizia. Occorre invertire questa situazione, favorendo il riciclo degli inerti in modo da arrivare a ridurre sensibilmente l’utilizzo delle discariche come avviene negli altri Paesi europei.

giovedì 17 novembre 2011

LO SCANDALO DELLE MUCCHE A TERRA IN PROVINCIA DI VICENZA

                                                    

                                          
                                                               COMUNICATO STAMPA

 Il calvario straziante di alcune mucche trascinate a forza verso il macello: dopo le ripetute denunce della LAV, nuova straordinaria inchiesta sullo scandalo delle "mucche a terra", realizzata da Edoardo Stoppa di Striscia la notizia (Canale 5) e trasmessa il 14 novembre: con un filmato realizzato in provincia di Vicenza. Mucche non in grado di deambulare, con fratture alle zampe e altre patologie, spinte a forza sul tir per essere portate al macello benché la normativa vieti la macellazioni di animali in tali drammatiche condizioni.
Le illegalità commesse ai danni delle “mucche a terra” non trovano soluzione e proseguono da anni nonostante le denunce, il divieto tassativo previsto dalla legge, le circolari ministeriali e le condanne per maltrattamento dei tribunali. Una vera e propria filiera di illegalità, di operatori economici che violano sistematicamente le leggi nazionali ed europee, provocando gravi sofferenze agli animali e l’immissione in commercio di carni a rischio sanitario per i consumatori. L’industria della macellazione ha trasformato la sofferenza di animali a fine carriera in un business molto produttivo.
Come LAV denunciamo da anni queste grave violazioni, la pratica dei certificati falsi rilasciati da medici veterinari liberi professionisti, l’inefficacia dei controlli sul benessere degli animali nei macelli, come dimostrano le relazioni annuali sui controlli durante il trasporto inviate a Bruxelles – afferma Roberto Bennati, vicepresidente LAV -  La veterinaria privata e il servizio sanitario pubblico difendano il proprio ruolo da questa economia illecita e tutelino la salute dei cittadini e il benessere degli animali. Chiediamo la radiazione dall’Albo dei medici veterinari del Medico intervistato ieri da Striscia la notizia, che non solo non ha smentito la paternità della documentazione ma anzi l’ha confermata ritenendo tale comportamento incredibilmente in linea con la propria coscienza di medico veterinario. Oltre all’eventuale reato di falso ideologico, che sarà accertato dalla Magistratura insieme ai reati di maltrattamento e altre gravissime ipotesi di reato contro la salute pubblica, si tratta di una piena ed evidente violazione del codice deontologico dei medici veterinari: ci auguriamo che l’Ordine dei Medici presso cui è iscritto il Medico coinvolto nell’inchiesta, voglia difendere una nobile professione esprimendo tolleranza zero verso tali comportamenti”.
Chiediamo inoltre al Ministero della Salute di aprire subito un tavolo con i Servizi Veterinari delle Regioni per l’applicazione della norma sul trasporto e per prendere provvedimenti incisivi nei confronti di questa filiera illegale, innalzando subito la vigilanza veterinaria nei macelli e applicando sanzioni amministrative e penali che nella materia sono molto chiare e nette. – prosegue Bennati - Chiediamo inoltre ai Servizi veterinari competenti di accertare le stalle di provenienza di questi animali e di  revocare immediatamente tutti i contributi pubblici a tali allevatori per le violazioni delle regole della condizionalità. Far pagare ai cittadini il prezzo di tanta barbarie è inaccettabile”. 
Ci domandiamo come sia possibile che tale illegalità continui e non possiamo che denunciare nuovamente la totale assenza di impegno a rispettare la legge da parte di molti allevatori, trasportatori, macellatori e medici veterinari. Proprio ieri si è conclusa l’Ispezione dell’Ufficio Veterinario della Commissione Europea nel nostro Paese, ispezione effettuata proprio per monitorare le inadempienze dell’Italia su questa materia ed è emblematico che proprio in queste ore vi sia stata una nuova denuncia così importante da parte di Striscia la notizia. Il sistema dei controlli veterinari sulle “vacche a terra” è stato più volte censurato dagli Ispettori della Commissione Europea, ci aspettiamo che anche questa volta avverrà una nuova e chiara reprimenda in questa direzione.
Ufficio Stampa LAV 06 4461325

IL 26 NOVEMBRE IN PIAZZA PER L'ACQUA


IL 26 NOVEMBRE IN PIAZZA PER L’ACQUA. I BENI COMUNI E LA DEMOCRAZIA
PER IL RISPETTO DELL'ESITO REFERENDARIO, PER UN'USCITA ALTERNATIVA DALLA CRISI
 

 

 
Il 12 e 13 giugno scorsi la maggioranza assoluta del popolo italiano ha votato per l’uscita dell’acqua dalle logiche di mercato, per la sua affermazione come bene comune e diritto umano universale e per una gestione pubblica e partecipativa del servizi...o idrico.

Un voto netto e chiaro, con il quale 27 milioni di donne e uomini, per la prima volta dopo decenni, hanno ripreso fiducia nella partecipazione attiva alla vita politica del nostro paese e hanno indicato un’inversione di rotta rispetto all’idea del mercato come unico regolatore sociale.

Ad oggi nulla di quanto deciso ha trovato alcuna attuazione: la legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua continua a giacere nei cassetti delle commissioni parlamentari, gli enti locali - ad eccezione del Comune di Napoli - proseguono la gestione dei servizi idrici attraverso S.p.A. e nessun gestore ha tolto i profitti dalla tariffa.

Non solo. Con l’alibi della crisi e dei diktat della Banca Centrale Europea, il Governo ha rilanciato, attraverso l’art. 4 della manovra estiva, una nuova stagione di privatizzazioni dei servizi pubblici locali, addirittura riproponendo il famigerato”Decreto Ronchi” abrogato dal referendum.
Governo e Confindustria, poteri finanziari e lobbies territoriali, resisi conto che il popolo ha votato contro di loro, hanno semplicemente deciso di abolire il popolo, producendo una nuova e gigantesca espropriazione di democrazia.

IL RISULTATO REFERENDARIO DEVE ESSERE RISPETTATO
E TROVARE IMMEDIATA APPLICAZIONE

Per questo, il movimento per l’acqua si prepara a lanciare la campagna nazionale “Obbedienza civile”, ovvero una campagna che, obbedendo al mandato del popolo italiano, produrrà in tutti i territori e con tutti i cittadini percorsi auto organizzati e collettivi di riduzione delle tariffe dell’acqua, secondo quanto stabilito dal voto referendario.

Quello che avviene per l’acqua è solo il paradigma di uno scenario più ampio dentro il quale si colloca la crisi globale. Un sistema insostenibile è giunto al capolinea. I poteri forti invece di prenderne atto invertendo la rotta, ne hanno deciso la prosecuzione, attraverso la continua restrizione del ruolo del pubblico a colpi di necessità imposte dalla riduzione del debito e dai patti di stabilità, la consegna dei beni comuni al mercato, tra cui la conoscenza e la cultura, lo smantellamento dei diritti del lavoro anche attraverso l'art. 8 della manovra estiva, la precarizzazione dell’intera società e la conseguente riduzione degli spazi di democrazia.

Indietro non si torna. Dalla crisi non si esce se non cambiando sistema, per vedere garantiti: il benessere sociale, la tutela dei beni comuni e dell’ambiente, la fine della precarietà del lavoro e della vita delle persone, un futuro dignitoso e cooperativo per le nuove generazioni.

Un altro modello di società è necessario per l’intero pianeta. Insieme proveremo a costruirlo anche nei prossimi appuntamenti internazionali, come la conferenza sui cambiamenti climatici di Durban di fine novembre e a Marsiglia nel Forum Alternativo Mondiale dell'acqua a Marzo 2012.

Siamo vicini ai popoli che subiscono violenze, ingiustizie e vengono privati del diritto all’acqua come in Palestina, di cui ricorre il 26 novembre la Giornata internazionale di solidarietà proclamata dall’Assemblea della Nazioni Unite.

Per tutti questi motivi il popolo dell’acqua tornerà in piazza il prossimo 26 novembre e invita tutte e tutti a costruire una grande e partecipata manifestazione nazionale.

Vogliamo che sia il luogo di tutte e di tutti, da qui l’invito a costruirlo insieme, come sempre è stata l’esperienza del movimento per l’acqua. Un movimento che ha sempre praticato la radicalità nei contenuti e la massima inclusione, con modalità condivise, allegre, pacifiche e determinate nelle forme di mobilitazione, considerando le une inseparabili dalle altre.
Per questo, nel prepararci a costruire l’appuntamento con la massima inclusione possibile, altrettanto francamente dichiariamo indesiderabile la presenza di chi non intenda rispettare il modo di esprimersi di questa ricchissima esperienza.

Vogliamo costruire una giornata in cui siano le donne e gli uomini di questo paese a riprendersi la piazza e la democrazia, invitando ad essere presenti tutte e tutti quelli che condividono questi contenuti e le nostre forme di mobilitazione, portando le energie migliori di una società in movimento, che, tra la Borsa e la Vita, ha scelto la Vita.

E un futuro diverso per tutte e tutti.

Promuove: Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

lunedì 14 novembre 2011

LA POPOLAZIONE E LE ASSOCIAZIONI DI CRESPANO DICONO NO ALL'IMPIANTO A BIOGAS

                                      Un impianto a Biogas come quello di Crespano



Il sindaco di Crespano ha approvato in Giunta una Delibera di intenti in cui propone di realizzare una CENTRALE A BIOGAS pare di circa un megawatt nel territorio di Crespano.
I cittadini della Pedemontana e numerose Associazioni hanno approfondito e discusso gli aspetti del progetto, arrivando alla conclusione di essere assolutamente contrari.
Non contrari ad un impianto in quanto tale, ma contrari alle DIMENSIONI SPROPOSITATE DELL'IMPIANTO PROPOSTO, E ALLA SUA UBICAZIONE, IN UN TERRITORIO CON SICURAMENTE ALTRA VOCAZIONE!!!!

Le Associazioni, i Comitati Popolari, gli agricoltori, gli allevatori e i rappresentanti consigliari della Pedemontana del Grappa e dell'Asolano

riunitisi in assemblea, dopo aver attentamente analizzato quanto Proposto dal Sindaco di Crespano.


1) Ribadiscono il loro fermo e deciso NO al progetto di impianto a Biogas così come proposto dalla Giunta Comunale di Crespano del Grappa.
2) Considerano INACCETTABILE che DUE SOCIETA' ESTRANEE al territorio e aventi sede a Milano e Roma realizzino l'impianto a Crespano, traendone ENORMI VANTAGGI ECONOMICI.Tutto ciò senza una garanzia rigorosa e certa circa le ricadute sulla viabilità, la sicurezza, le condizioni ambientali, urbanistiche e paesaggistiche di un territorio fragile e delicato com'è quello della zona  in cui l'impianto è previsto.
3) Non è moralmente nè economicamente accettabile che si utilizzino RISORSE ALIMENTARI (MAIS) provenienti da altri territori per far funzionare l'impianto sconvolgendo e distorcendo l'equilibrio colturale, produttivo e ambientale del nostro territorio.


Le Associazioni, i Comitati Popolari, gli agricoltori, gli allevatori e i rappresentanti consigliari della Pedemontana del Grappa e dell'Asolano


SI DICHIARANO DISPONIBILI A VERIFICARE LA FATTIBILITA' DI UN IMPIANTO A BIOGAS A BASSA POTENZIALITA', CHE SIA DEL TUTTO COMPATIBILE CON IL CONTESTO AMBIENTALE  E LOGISTICO DELL'AREA PEDEMONTANA


A condizione che


1) L'impianto sia progettato, finanziato e gestito totalmente ed esclusivamente dagli stessi agricoltori e allevatori del nostro territorio, in colaborazione con le loro associazioni di categoria, e NON DA SOCIETA' ESTERNE. Il fabbisogno del territorio è MOLTO INFERIORE  A QUELLO PREVISTO DA UN'IMPIANTO DI 1 MEGAWATT PROPOSTO!!!
2) L'impianto sia alimentato SOLO CON LIQUAMI E DEIEZIONI ANIMALI provenienti dagli impianti di coltivatori e allevatori del Comune di Crespano del Grappa e non da esterni  che non possono essere controllati!!
3) L'impianto abbia una potenzialità calibrata sulla produttività delle aziende di Crespano e sia realizzato con le più avanzate tecnologie e garanzie per l'ambiente e la popolazione.
4) La popolazione del comune di Crespano del Grappa sia chiamata a dare il suo consenso mediante REFERENDUM POPOLARE così come previsto dallo Statuto Comunale.
5) Siano coinvolte e informate le popolazioni e le Amministrazioni dei Comuni Limitrofi la Comunità Montana del Grappa e dell'Asolano (IPA).

MANTENIAMO ALTA L'ATTENZIONE SUL NOSTRO TERRITORIO

Le Associazioni e i Comitati

Comitato Ambiente, territorio e tutela dei beni comuni di Crespano del Grappa
Ass. Sentieri Natura-San Zenone degli Ezzelini
Associati di Italia Nostra dell'Asolano
Ass. Marigold-San Zenone degli Ezzelini
Ass. Il Fiore-Fonte
Comitato Oasi di San Daniele
Ass. Oasi di San Daniele
Gruppo Acquisto Solidale Asolo
Ass. Aria Nova-Pederobba
Ass. La Pervinca-Bassano del Grappa
Gruppo Allevatori di Crespano del Grappa

Gruppi Consigliari dei Comuni
"Sempre per Crespano" di Crespano del Grappa
"Impegno Democratico" di Crespano del Grappa
Due gruppi di Mussolente
Lista Civica "Borso Viva" di Borso del Grappa
Gruppo di Maggioranza e di Minoranza di San Zenone degli Ezzelini
"Con Te per Asolo" di Asolo
"Insieme per Asolo" di Asolo
"Per Monfumo" di Monfumo

venerdì 11 novembre 2011

POSA DELLA PRIMA PIETRA A ROMANO D'EZZELINO



Ieri a Romano d'Ezzelino (VI) è andata in scena una ridicola finzione mediatica, meglio nota come pagliacciata; lasciando a debita distanza la democrazia (nessun cittadino comune, normale se preferite, ha potuto assistere alla solenne cerimonia) il governatorato del Veneto, e tutte le istituzioni locali hanno dato vita alla cerimonia di posa della prima pietra dell'Autostrada Pdemontana Veneta!

• Anche il nostro Comitato ha voluto essere presente alla pagliacciata!

Si perché di pagliacciata di tratta!

- un'infrastruttura rappresentata da un'autostrada a pagamento (roba da dopoguerra!) per pensare allo sviluppo nel terzo millenio è una pagliacciata!

- un'infrastruttura devastante (che qualcuno definisce un sacrificio che il territorio deve sopportare) imposta ai cittadini senza uno straccio di studio/ricerca sui reali impatti economico-sociali, senza uno studio/ricerca dei costi-benefici, senza un minimo di studio che evidenzi i presunti vantaggi/benessere per i cittadini è una pagliacciata!

- un'infrastruttura che sia presentata con uno studio d'impatto ambientale realizzato dalla Committente (studio che mette esso stesso in guardia circa l'impatto negativo "…patologie tumorali…" che l'opera avrà sulla salute dei cittadini, soprattutto i bambini) e mai controverificato dalle istituzioni che dovrebbero essere garanti dei diritti e della salute dei cittadini, da uno studio d'impatto idrogeologico (sempre realizzato dalla committente) che già da sé prevede rischi importanti per l'assetto idrogeologico del territorio, beh queste sono TRISTI pagliacciate!

- Pagliacci, se mi permettete sono le persone che plaudono a questa cerimonia; sono gli stessi che si presentano alle esondazioni di Vicenza, di Verona, di Treviso (l'ultima 2 giorni fa) dicendo con assoluto buon senso che la cementificazione del territorio sta mettendo in crisi il sistema idrogeologico e la nostra sicurezza, salvo poi sciorinare Autostrada Pedemontana Veneta, Valdastico Sud, Valdastico Nord, Nuova Valsugana, Veneto City, TAV, Motor city di Verona, Romea Commerciale, Ampliamento aeroporto di Venezia, terminal off-shore a Venezia per le navi da crociera, etc.

Nel mezzo di una crisi economica di dimensioni mai viste si spendono soldi per opere inutili e per inutili e ridicole cerimonie di inaugurazione del nulla!

NOI DICIAMO CHE L'ALTERNATIVA ESISTE:

- Perché non ammodernare le strade esistenti e studiarne un utilizzo efficiente?
- Perché non pensare a sistemi di trasporto leggero su rotaie per alcune tratte?
- Perché non investire i soldi che la regione (cioè tutti noi cittadini) dovremo pagare per quest'opera, per infrastrutture moderne, banda larga, trasporto fluviale, etc?
- Perché se veramente si ha a cuore la viabilità locale questa strada è a pagamento con sbarramenti d'ingresso (caselli- che diventano nel loro intorno aree demaniali ad uso e consumo della Regione) per accedervi?

LASCIO PER ULTIMI PER TRISTEZZA, NON PER IMPORTANZA TUTTE
LE ILLEGALITA' CHE PERCORRONO L'ITER BUROCRATICO DI QUEST'OPERA.

- Una su tutte la nomina di un commissario straordinario, come se l'assetto viabilistico di Vicenza e Treviso fosse pari ad un terremoto, ad una alluvione, etc. Forse le nostre istituzioni dovrebbero avere più rispetto di chi veramente è colpito da situazioni di calamità naturale, non relegarli alla stregua di cittadini che devono guadagnare 5 minuti nei loro spostamenti!

- L'opera parte senza alcuna copertura economica, altro che project financing; la regione Veneto ha dato in concessione per 39 anni l'Autostrada ai costruttori. Il Veneto (i cittadini) si è anche impegnato a versare ogni anno centinaia di migliaia di euro alla Committente qualora vi fosse un mancato introito in pedaggi dovuto a flusso di traffico inferiore alle previsioni(35000 veicoli al giorno).

ILLEGALITA' ed ABUSI legati a quest'opera sarebbero materia
ampia per REPORT, PRESA DIRETTA, etc.
Comitati Difesa Salute Territorio

domenica 6 novembre 2011

BASSANO IN BICI, OGGI E DOMANI

Sabato 3 dicembre 2011 alle ore 9,00 in Sala Martinovich, Piazzale Cadorna, Bassano del Grappa, si terrà un interessante convegno sulla mobilità sostenibile con la presenza di vari relatori.


sabato 5 novembre 2011

IMMAGINI DALLA MANIFESTAZIONE NO PEDEMONTANA VENETA

Alcune immagini della manifestazione di oggi 5 novembre 2011 a Mason contro il progetto di Autostrada Pedemontana Veneta.







Oggi alle ore 17. Si è conclusa la manifestazione a Mason, zona industriale di Villa Raspa, a cui hanno partecipato molte persone (circa 300) in rappresentanza di realtà in lotta o sensibili sul tema dei beni comuni, dalla Piazza dei beni comuni di Vicenza, a Montecchio Slegata, al Comitato di Posina, ai comitati della zona
di Bassano e molti altri.
Tutti hanno portato la loro testimonianza in questo momento significativo della lotta contro la 'Grande Opera' che si vorrebbe pubblica, ma pubblica non è, nè nei guadagni, nè negli scopi nè nel metodo secondo cui è stata progettata.

Dopo l'intervento di BEPI DE MARZI che ha espresso il suo personale dolore nel constatare la rapina e la distruzione ai danni dell'ambiente e della campagna, il corteo si è avviato verso la zona del cantiere percorrendo la strada Gasparona (che verrà scippata come altre strade del percorsoche erano state costruite per togliere il traffico dai paesi). Ci sono stati poi gli interventi di due giovani laureati (e indignati !!) che hanno ricordato quanto quest'opera incide sull'ambiente, distruggendo il terreno agricolo e lasciando al suo posto capannoni per lo più vuoti come quelli che abbiamo potuto vedere ai lati.
Ma la crisi per questi costruttori e asfaltatori non esiste, per loro c'è sempre qualcosa da azzannare.
Al suono di un ottimo jazz, da un certo punto in poi, il corteo si è trasformato in funerale, depositando un cuscino di fiori funebre all'ingresso del cantiere sotto lo sguardo vigile di un nutrito (a nostre spese) schieramento di polizia.
E' il funerale del modello di sviluppo attuale, che certo non ha molte prospettive a giudicare dalla crisi in atto. Ma... c'è vita oltre il capitalismo! Come era scritto su uno degli striscioni appesi alla recinzione. Infatti la società dei beni comuni si avvicina.
La mobilitazione continua!

martedì 1 novembre 2011

AUTOSTRADA VALSUGANA? NON LA VOGLIAMO



Da tempo ormai si parla della necessità di allargare la Strada Statale 47 della Valsugana. Al di là delle questioni tecniche, non tutti però sembrano essere d'accordo sul fatto che più strade portino maggiore sviluppo.  Tra questi c'è anche il Comitato Difesa Salute e Territorio che ha provato a spiegarci, attraverso dei ragionamenti,  le motivazioni che lo spingono ad opporsi al progetto di realizzazione di un' autostrada.

A partire dagli anni sessanta del secolo scorso c'è stato, in Italia, un modello di sviluppo basato sull'espansione continua dell'economia ed in particolare dell'industria. Si produceva di più, per esportare di più ed acquistare di più in modo da poter produrre di più per poter acquistare di più ed esportare di più.
Si è ragionato come se l'interazione di questo ciclo potesse perpetuarsi all'infinito. Sull'altare dell'industrializzazione (ossia della disponibilità di grandi quantità di beni consumabili) sono stati sacrificati, come minimo, la qualità dell'ambiente, del territorio, ma anche della vita e delle relazioni umane e sociali.
In quel periodo, le infrastrutture, sono state un aspetto importante e sottovalutato da parte di chi avrebbe dovuto pianificare lo sviluppo del paese.

Infatti tra gli anni Sessanta e Ottanta sono state realizzate le principali infrastrutture (autostrade, ammodernamento delle ferrovie, elettrodotti, linee telefoniche ) che tuttora attraversano il nostro paese, senza però che dietro di esse ci fosse un disegno organico proiettato verso un futuro a media-lunga distanza temporale. Spesso l'infrastruttura è arrivata in ritardo rispetto alla struttura alla quale avrebbe dovuto erogare servizio, altre volte non è mai arrivata. In altre parole e semplificando al massimo, la mancanza di pianificazione ha fatto si che prima nascessero le fabbriche e poi le strade per collegare le fabbriche al territorio.

Se vogliamo declinare quanto detto sopra nella realtà veneta, dobbiamo partire da due evidenze:
a) la galassia di capannoni ed edifici industriali più o meno grandi spuntati come funghi nel veneto per almeno 30 anni (parzialmente attenuatasi negli utlimi dieci);
b) la costellazione di centri logistici ma soprattutto commerciali e direzionali cresciuti negli utlimi dieci anni e tuttora in espansione. Tutti questi agglomerati sono affogati nel territorio senza collegamento tra loro e senza un piano logico che non sia quello della mera speculazione edilizia.

Qesto modello di sviluppo del territorio, ha generato un progressivo intasamento delle vecchie strade che collegavano i piccoli e medi centri attorno e dentro ai quali sono stati costruiti gli edifici di cui sopra: il traffico generato dallo spostamento di merci e dall'indotto delle attività industriali, artigianali e commercial , ha trovato sbocco su strade concepite in altri periodi e destinate a supportare un traffico più ridotto e di altra natura. Da qui nasce la famosa frase che ci sentiamo ripetere come un mantra ad ogni piè sospinto : "le strade le ghe vole". Questa frase ce la sentiamo ripetere sempre da chi in quegli anni e su quel modello ha fondato il proprio "benessere". Si tratta in genere di persone di una certa età che pensano che il modello che loro conoscono sia l'unico proponibile e realizzabile e che ad esso non vi sia alternativa.

Noi partiamo da un altro punto di vista. Noi pensiamo che occorra pensare tutto il territorio come una grande risorsa da non saccheggiare e violentare con ulteriore asfalto e cemento. La globalizzazione dei mercati che è in atto da almeno dieci anni e la crisi di sistema che attraversiamo dal 2007 ci dovrebbe far capire che il futuro non è più nella crescita illimitata, ma nella ricerca di alternative rispettose del pianeta e delle generazioni che stanno crescendo e che verranno dopo di noi. Noi non torneremo ad essere la Cina d'Europa. Chi produceva merci dozzinali che non hanno bisogno di tecnologia e di manodopera altamente qualificata, ha già da tempo delocalizzato all'estero. Noi dobbiamo tornare a fare due cose: a)quello che sapevamo fare prima dello sviluppo industriale, ossia agricoltura tipica e di qualità b) quello che alcuni (quelli che non hanno delocalizzato) hanno imparato a fare durante lo sviluppo industriale, ossia manufatti di altissima qualità.

In questo contesto, col calo di merci circolanti e conseguentemente del traffico, la costruzione di nuove autostrade, oltre a sottrarre risorse economiche pubbliche a tutti noi (come si capisce nel seguito), è evidentemente inutile e dannosa per il bene comune, ma invece molto utile a chi dalla costruzione e gestione delle stesse trae vantaggio e a chi può disporre dei terreni adiacenti. Oggi la tendenza è di sostituire le strade gratuite con autostrade a pagamento costruite col metodo del progetto di finanza che apparentemente fa pagare al privato i costi per la realizzazione, ma che in realtà pesa sulla comunità e sul singolo cittadino sia che esso fruisca dell'opera finita, sia che non ne fruisca. E' un fatto risaputo che chi utilizza l'autostrada, paga il pedaggio. E' meno risaputo invece, che anche chi non la utilizza paga.

Per la precisione, il cittadino che non la utilizza paga dapprima la quota con la quale il soggetto pubblico finanzia l'opera (una parte del costo totale), e successivamente paga i finanziamenti erogati dall'ente pubblico al concessionario (la società che costruisce e gestisce l'opera in concessione) con meccanismi meno evidenti in caso i flussi di traffico siano inadeguati a garantire le entrate minime al privato.
Un esempio di quanto detto è la Pedemontana Veneta, per la quale se i flussi di traffico saranno inferiori ai 24.000 veicoli al giorno, la Regione Veneto interverrà con denari propri (ossia pubblici, ossia nostri) ed erogherà un contributo pari a 14 milioni di euro anui (per 39 anni), fino al raggiungimento della soglia dei 40.000 veicoli al giorno.

Il progetto Valsugana, per quanto è dato sapere, assomiglia molto a quello della Pedemontana per le modalità con cui verrebbe finanziato (progetto di finanza). La sua realizzazione, per essere economicamente conveniente al privato (che la finanzia) dovrebbe avere flussi di traffico paragonabili al passante di Mestre, con in aggiunta dei pedaggi così alti da renderla l'autostrada più cara d'europa. Chi pagherà allora il mancato guadagno del privato? Esiste una contropartita che potrebbe rendere appetibile la costruzione della

Autostrada Valsugana?
E se dietro al progetto Valsugana, si celasse non un miglioramento della viabilità come da anni richiesto dalla popolazione della Vallata e con tanto di progetti di risoluzione, bensì la creazione di un'asse tra Bassano e Castelfranco lungo il quale sviluppare altrettanti centri commerciali? Potrebbe essere questa la contropartita di cui dicevamo sopra? Noi sappiamo che lungo i 94 chilometri a 6 corsie più complanari lungo i quali correrà la Pedemontana Veneta vi sono 17 aree (quelle attorno ai caselli) ognuna di 12.500.000 mq che sono sottratte alla pianificazione locale e sono demandate alla pianificazione della sola giunta regionale attraverso i cosiddetti progetti strategici.

Lì potrebbero nascere ulteriori poli logistici e centri commerciali senza che le popolazioni locali possano dire la propria opinione. Alcuni tentativi ci sono già stati ad esempio a Breganze con la vicenda Pengo.
Potrebbe essere la Valsugana un altro modo di fare speculazione, visto che il terreno agricolo è sempre più scarso e il terreno costruito sempre di più, e ciononostante ancora il terreno agricolo vale meno del terreno costruito e inutilizzato? Quello che la risposta evoca, dovrebbe farci paura.

E proprio per vincere questa paura, noi dobbiamo porporre l'alternativa, ossia una visione diversa del futuro e dei modelli di vita. Possiamo immaginare un modello di sviluppo e di mobilità alternativo, dove la grossa parte delle merci viaggiano su rotaia e su acqua, dove la banda larga permette ai lavoratori della conoscenza di lavorare da casa propria almeno tre giorni su cinque, dove non si mangiano le ciliegie in inverno facendole arrivare dall'altro lato del pianeta, ma si aspetta la stagione giusta per mangiarle, dove si tende al km zero non solo per l'agricoltura ma anche per il manifatturiero, dove non si comperano tre telefonini all'anno e così via. La lettura della realtà, oggi ci dice che questa è la strada da imboccare. Quelle di asfalto non ci porteranno da nessuna parte.

Comitato Difesa Salute e Territorio Altovicentino-Malo-Valle Agno -Bassano