giovedì 29 marzo 2012

CORRUZIONE E MALAFFARE NEL CICLO DEL CEMENTO IN VENETO






Legambiente presentaCemento Spa”
il dossier su consumo di suolo, corruzione e malaffare nel ciclo del cemento in Veneto
Lazzaro: “Veneto terza regione al nord per numeri di illeciti”
Episodi di insediamento di clan mafiosi negli affari immobiliari ed edilizi del Veneto
Legambiente consegnerà il dossier alla commissione antimafia il prossimo 19-20 aprile

Corruzione, mafie, illegalità e abnorme consumo di suolo: sono i sintomi di un sistema malato che sta stringendo al collo l'ambiente e l'economia del Veneto. Una realtà che coinvolge tutto il nord Italia. Negli ultimi cinque anni anche il Nord-Italia ha, infatti, registrato dati allarmanti che indicano come questi fenomeni non siano una prerogativa solo del Sud del Paese. E i numeri parlano chiaro: dal 2006 al 2010 ci sono state 7.139 infrazioni, 9.476 persone denunciate, 1.198 sequestri, 9 arresti. Senza contare lo scioglimento forzato o le dimissioni anticipate di consigli comunali per infiltrazioni mafiose, Piani di governo del territorio (Pgt) scritti e riscritti “sotto dettatura”, professionisti sorpresi con la mazzetta in mano - banconote da 200 e 500 euro - e ancora omicidi, sequestri, denunce. 
Il Veneto è al terzo posto nella classifica di illeciti nel ciclo del cemento con un incidenza di 4,9 reati ogni 100 kmq dal 2006 al 2010, mentre a proposito di cementificazione, l'11% del suolo regionale risulta urbanizzato (media nazionale 7,6%) confermandosi un territorio a rischio ambientale.
Una produzione edilizia abnorme che cela abusivismo – nel dossier raccontiamo alcune storie di abusivismo veneto -, corruzione – sempre più dilagante: +32,6% ha denunciato Vittorio Rossi, presidente della Corte d'Appello di Venezia, nella recente inaugurazione dell’anno giudiziario – e vere e propri insediamenti mafiosi.    
E’ quanto emerge da “Cemento Spa”, il dossier di Legambiente presentato questa mattina a Cà Farsetti a Venezia che offre un’inquietante panoramica regionale del malaffare che si annida nel ciclo del cemento. Un viaggio fatto di dati e di storie per capire quanto l’illegalità sia radicata e quanto sia importante estirparla.
Alla conferenza stampa hanno partecipato Stefano Ciafani, Vice Presidente Nazionale di Legambiente, Gigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto e Gianfranco Bettin, Assessore all'Ambiente e alla Città Sostenibile del Comune di Venezia.
"Il numeri del nostro dossier parlano chiaro: l'intreccio tra illegalità, corruzione e mafie nel ciclo del cemento rappresenta un'autentica piaga per l'economia e l'ambiente, in Veneto come nel resto del Nord Italia - ha dichiarato Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente -. Dopo aver saccheggiato e impoverito il Mezzogiorno, i clan stanno sempre di più trasferendo il loro sistema d'imprenditoria criminale nel resto del Paese, sfruttando disattenzioni, sottovalutazioni del problema, vere complicità. A maggior ragione in un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo, che permette alle mafie di utilizzare gli ingenti capitali illeciti di cui dispongono per infiltrarsi negli appalti pubblici. C'e' bisogno di una reazione forte e immediata da parte di tutti: dalle istituzioni a chi ha responsabilià' politiche, dalle imprese ai cittadini".
A muovere la “Cemento spa”, in tutte le sue articolazioni (da quelle criminali fino alla malapolitica) è un vorticoso giro d’affari. Quello legale e quello illecito, collegato alla corruzione e all’abusivismo edilizio.
Il dossier verrà consegnato alla commissione parlamentare antimafia quando giungerà in Veneto a il 19 e il 20 aprile prossimi per incontrare i prefetti, le forze dell’ordine e i magistrati. 
Ma non è solo una questione di mafie. L’abusivismo edilizio classico continua a sfregiare l’intero Paese, non solo al Sud, come solitamente viene raccontato. E' del 14 marzo scorso la condanna nei confronti del sindaco di Peschiera sul Garda Umberto Chincarini e l'assessore Walter Montresor ad una sanzione per omessa denuncia all'autorità giudiziaria del reato di lottizzazione abusiva. Confermata così la denuncia di Legambiente che segnalava l’insistenza di lottizzazioni abusive di ampie dimensioni che avrebbero creato enormi danni al territorio, evidenziando altresì il mancato controllo da parte degli enti pubblici.
Si registrano poi l'uso di cemento depotenziato come nel caso della scuola elementare di Povegliano Veronese abbattuta e poi ricostruita grazie all'attenta opera di vigilanza effettuata dall'amministrazione comunale che ha verificato che il cemento utilizzato era di scarsa qualità e non garantiva la sicurezza all’edificio.    
“Dall'inchieste emerse fino ad oggi in Veneto nel settore del ciclo del cemento – ha dichiarato Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto - operano sia la camorra che l'ndrangheta, quest'ultima in particolare nel veronese e nella zona del lago di Garda, ma segnali consistenti provengono un po' da tutta la Regione. Il fenomeno però è in cambiamento, le reti criminali evolvono e ci troviamo di fronte ad un ruolo sempre più opaco e inafferrabile delle mafie anche nel campo della criminalità ambientale”. La presenza delle mafie non emerge perché a capo di una ditta vi è un mafioso, magari pluripregiudicato: il fenomeno è più silenzioso e può apparire dietro le neutre sembianze di una immobiliare o di un fondo finanziario che opera sul mercato internazionale.
Alcune grandi operazioni immobiliari che riguardano la nostra regione prevedono ingenti investimenti di capitali a lungo termine e, secondo l’associazione ambientalista, non possono non suscitare allarme ed interrogativi e richiedere accurate analisi e verifiche.      
Dunque, lo scenario che emerge da “Cemento Spa” richiede un’immediata assunzione di responsabilità e una profonda riconversione all’insegna della legalità, della trasparenza e della sostenibilità, ambientale ed energetica.
Legambiente lancia perciò tre proposte specifiche, promosse insieme a Libera, per combattere gli illeciti a livello nazionale.
La prima proposta lanciata dall’associazione ambientalista riguarda l’approvazione da parte del Parlamento di un efficace sistema sanzionatorio contro la corruzione (come richiesto da oltre un milione e 200mila cittadini che hanno sottoscritto, nei mesi scorsi, la petizione lanciata da Libera) che preveda, in particolare, la ratifica della convenzione di Strasburgo del 1999, l'introduzione nel nostro codice di delitti come il traffico d’influenze illecite, la corruzione tra privati, l'autoriciclaggio. La seconda proposta consiste nell’introduzione nel Codice penale di queidelitti contro l’ambiente, sollecitati dalla direttiva 2008/99/CE, che rappresentano uno strumento indispensabile contro i fenomeni di aggressione illegale al territorio e alle risorse naturali.
Infine, Legambiente ribadisce l’importanza di potenziare il protocollo della legalità nelle grandi opere pubbliche sottoscritto il 9 gennaio di quest'anno dal presidente Luca Zaia e dal ministro dell'interno Annamaria Cancellieri, e di avviare negli enti locali dei protocolli della legalità, sull'esempio di quello di Merlino [Lodi] che prevede dei premi in volumetria per le imprese in cambio di un impegno a comunicare la composizione della società [compresa di casellario giudiziale dei titolari e dei soci], i bilanci degli ultimi due anni di attività, il numero e l’identificazione degli operai che operano nel cantiere e il numero di targa dei mezzi che vi transitano, l’elenco di tutti i fornitori e i subappaltatori così come previsto dal giugno 2010 dal Ministero dell’Interno per il settore degli appalti pubblici.  
“La Regione – conclude Lazzaro - deve por mano a una serie di piani regolatori sull'energia, il paesaggio, i rifiuti speciali: è nelle situazioni dove latita una seria regolazione dell'economia da parte della politica che i crimini ambientali trovano l'habitat più confortevole”.   

Dossier completo scaricabile da sito www.legambienteveneto.it


lunedì 26 marzo 2012

PERCHE' NO AL GASSIFICATORE DI CASSOLA







PERCHE' ABBIAMO DIRITTO ALLA SALUTE


PERCHE' NON SI DEVE SPECULARE SULLA PELLE DELLA GENTE


PERCHE' DOBBIAMO DARE UN FUTURO MIGLIORE AI NOSTRI FIGLI


PERCHE' E' UN IMPIANTO ALTAMENTE INQUINANTE


PERCHE' PENALIZZA GRAVEMENTE TUTTO IL COMPRENSORIO


PERCHE' NON VOGLIAMO SUBIRE ULTERIORI DEVASTAZIONI DEL TERRITORIO


PERCHE' IL BENE COMUNE VIENE PRIMA DEGLI INTERESSI  PERSONALI

E' un impianto di oltre 10.000 metri quadri che sorgerà a Cassola, nella zona industriale di via Balbi a poca distanza dai territori di Rossano Veneto, San Zeno, San Giuseppe, dei comuni di Rosà, Loria e Bassano del Grappa, nelle immediate vicinanze di zone abitate, attività commerciali agricole e turistiche.

Il gassificatore è un inceneritore per lo smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi.E' un impianto voluto dalla ditta Karizia Tecnology s.r.l., per la lavorazione di 100 tonnellate di rifiuti al giorno, attivo sette giorni su sette e 24 ore su 24, a temperature di oltre 1.100° C. L'obbiettivo dichiarato è il trattamento complessivo di  36 mila tonnellate di rifiuti all'anno.

Rifiuti trattati: tutti, tranne residui nucleari altamente contaminanti: pneumatici, plastiche, biomasse, rifiuti urbani preselezionati, rifiuti solidi urbani (domestici, commerciali, industriali, istituzionali, anche della raccolta differenziata), rifiuti farmaceutici e ospedalieri, grassi, lubrificanti, nylon, neoprene, acidi e residui di raffineria, graniglie gomma, polistirolo, materiali pericolosi e tossici, trattamento dei fumi, della metallurgia, zincatura, materiali assorbenti, autoveicoli e loro componenti, marmitte catalitiche, accumulatori, batterie, commutatori a mercurio, vetri a raggi catodici e altri vetri radioattivi, apparecchi elettrici ed elettronici, catalizzatori esauriti, rifiuti prodotti da altri impianti di smaltimento rifiuti ( carboni, fanghi, acque reflue, resine), rifiuti da frantumazione di altri rifiuti con metalli, rifiuti combustibili (CDR).

Il suo funzionamento comporterà un traffico pesante di camion e Tir sulle nostre strade per 5 giorni alla settimana, che depositeranno i rifiuti in 8 box di stoccaggio, con capacità complessiva di 2.255 mc (675 t).
A seguito del circuito continuo di lavorazione, saranno permanenti rumori, puzza e un costante rischio di incendio e fuoriuscite di esalazioni e acque contaminate.

I gassificatori producono e immettono nell'atmosfera fumi inquinanti, contenenti polveri costituite da nanoparticelle di metalli pesanti, monossidi, idrocarburi policiclici, benzene, diossine estremamente pericolose perchè persistenti e accumulabili negli organismi viventi.

Tumori, problemi cardiovascolari, di respirazione, asma e altro non sono certo resi minimi con la loro presenza.

   http://gassificatorecassola.wordpress.com/perche-no-al-gassificatore/       

martedì 13 marzo 2012

NEL BASSANESE SCOVATE COSTRUZIONI ABUSIVE PER LA CACCIA


Il fenomeno è di proporzioni bibliche, le postazioni abusive sfuggite ai controlli della forestale e ai comuni sono centinaia, ora tocca al territorio Bassanese. Continua la campagna effettuata dalla LAC e dall'ENPA sezione di Vicenza in collaborazione con il Gruppo di Intervento Giuridico per verificare la legittimità urbanistiche paesaggistica di numerose strutture, ad uso venatorio realizzate in questi ultimi vent'anni: altane, torrette e capanni, sono serviti abusivamente e illegittimamente per massacrare centinaia di migliaia di animali.

Decine le strutture rinvenute sulle colline di Marsan, e Valle San Floriano di Marostica, a San Michele e a Valrovina di Bassano, a Romano d'Ezzelino, a Campolongo e a Borso del Grappa. Anche in questi casi, come nei precedenti, sono stati interessati oltre ai comuni territorialmente competenti, i Carabinieri del G.T.A. di Treviso, il Corpo Forestale dello Stato, e per gli aspetti di competenza le varie Procure.
Ecco quindi che, dopo i comuni di Malo, Castelgomberto, Arzignano e Isola Vicentina nei quali le costruzioni censite sono risultate, nella quasi totalità, completamente prive di autorizzazioni urbanistico-edilizie e paesaggistiche si scopre che anche il nord est della provincia non è immune da tanto scempio.
Anche il Coordinamento Protezionista Vicentino ha avviato un'attività di monitoraggio sulle prealpi venete per verificare un fenomeno di compromissione territoriale ai fini venatori, che appare finora sfuggito a controlli sull'aspetto della legalità, dei valori naturalistici del territorio e dell'incolumità delle persone.

La legge prevede che per costruire strutture di questo tipo, il proprietario del fondo deve presentare il progetto al Comune e ottenere il permesso di costruire, naturalmente la struttura deve rispettare tutti i canoni di sicurezza previsti per il suo utilizzo, considerato che a fruirne sono persone armate che si trovano anche a decine di metri da terra.. Inoltre se le strutture sono situate in aree S.I.C. (Siti d'Importanza Comunitaria) e Z.P.S.(Zone di Protezione Speciale) è necessaria anche la verifica preventiva finalizzata a decidere l'eventuale successiva valutazione d'incidenza (D.P.R. n.357 /1997 e D.P.R. n.120 /2003).
Le "altane", vere e proprie postazioni sopraelevate, alte anche 20/30 metri dal suolo, sono realizzate dai cacciatori con ferro, legno, plastica e teli, vengono costruite sia sui boschi, per la caccia ad ungulati e cinghiali, sia sui crinali dove si concentra la migrazione dei passeriformi; decine le vecchie postazioni abbandonate nel più totale degrado con pezzi pericolosamente penzolanti e arrugginiti che mettono l'incolumità di qualsiasi ignara persona che per diletto decidesse di fare una passeggiata in collina o nei boschi, esempio luminoso "dell'Amore per la natura e per l'ambiente" di cui si vantano tenacemente i seguaci di Diana.

I volontari delle Associazioni ambientaliste e animaliste stanno passando a setaccio ogni bosco, ogni radura, ogni singolo terreno in provincia di Vicenza e non solo, alla ricerca di queste strutture irregolari successivamente, come fatto finora, partono le denunce ovviamente anche a carico del proprietario del terreno, co-responsabile dell'abuso edilizio.
Lega Anti Caccia

Fonte: BassanoPiù.  

 

mercoledì 7 marzo 2012

DALLA TAV ALLA PEDEMONTANA: LE GRANDI OPERE DISTRUGGONO IL NOSTRO TERRITORIO, FERMIAMOLE!





La lotta che da oltre vent’anni vede contrapporsi la stragrande maggioranza
degli abitanti della Valsusa al progetto della Tav non ha nulla a che vedere
con dinamiche localistiche o egoistiche. Al contrario, la mobilitazione contro
la Tav parla a tutte e tutti noi, perché quelli in conflitto sono due modelli
di sviluppo, ovvero di rapporti sociali, di relazioni con il territorio, di
programmazione e crescita economica, di cultura, di diritto e di pratica
politica, nettamente antitetici tra loro.
Per quanto riguarda le motivazioni che spingono donne e uomini di ogni età ed
estrazione sociale ad opporsi non ci soffermiamo, visto l’abbondanza di
materiale prodotto in questi anni per avvalorare le tesi di chi è contrario all’
opera. Allo stesso tempo non si può dire che i favorevoli alla Tav siano stati
in grado di motivare la loro posizione in maniera seria e precisa, se non
ricorrendo alle solite stanche litanie (il progresso, l’Europa che lo impone e
dalla quale rischieremmo di rimaner fuori, la ricchezza che si produrrebbe
etc.), che si configurano come una sorta di ideologico mantra da ripetere in
ogni occasione.
La questione della Tav assume un carattere paradigmatico, perché racchiude in
sé tutti i tratti di un modello di sviluppo onnivoro e distruttivo, che si
vuole imporre con un uso inaudito della forza e della repressione da parte
dello stato, attraverso meccanismi che esautorano le comunità locali dalle
scelte che direttamente li riguardano, arrivando a minare il concetto stesso di
democrazia. Con l’uso di mostruosità giuridiche come la legge n. 443 del 2001
(cosiddetta legge Obiettivo), dichiarando queste opere quali “strategiche e di
preminente interesse nazionale”, arrivando addirittura a schierare l’esercito
per difenderne i siti e i cantieri, si vuole imporre un modello di sviluppo
che, in tutti questi anni, è stato sinonimo di malaffare, di spesa pubblica a
vantaggio dei privati (ancor più con la pratica del project financing), di
distruzione del territorio e dei beni comuni. In buona sostanza, quindi, il
modello che ha provocato la crisi, e che qualcuno ancora oggi vorrebbe far
passare come salvifico, grazie anche all’insipienza generale dei mass media,
tutti schierati (come vediamo nella vicenda della Tav) e allineati con il verbo
dei grandi gruppi economici impegnati in questi progetti e destinatari delle
enormi risorse economiche che lo stato, e quindi tutte e tutti i cittadini
italiani, mette a loro disposizione.
Questo meccanismo perverso si registra non solo in Val di Susa ma ovunque. Che
sia una discarica come nel caso di Chiaiano, la Tav o la Pedemontana (per
tornare dalle nostre parti), la dinamica è sempre la stessa, e chi vi si oppone
è considerato alla stregua di un criminale.
Siamo invece convinti che si debba uscire da questa logica folle e
distruttiva, facendo emergere con convinzione e chiarezza la necessità di un
vero e proprio cambio di paradigma, capace di affermare che un altro modello di
sviluppo non solo è possibile, quanto necessario.
La direzione è, secondo noi, quella tracciata dalla straordinaria tornata
referendaria, dalla necessaria e non più procrastinabile affermazione del
concetto di bene comune, che confligge con la pratica predatoria e privatistica
dell’interesse particolare e della messa a valore di ciò che è collettivo e
indisponibile a questi processi fondati unicamente sull’accaparramento di
sostanziosi profitti.
Bisogna capire bene qual è la posta in gioco, e decidere da che parte stare.
Noi siamo al fianco delle donne e degli uomini della Valsusa così come ci
schieriamo con chi, nei nostri territori, è mobilitato a contrastare progetti
devastanti, come la Pedemontana o Veneto City, che della Tav assumono le stesse
caratteristiche di spreco di denaro, di distruzione di risorse, di rapina dei
beni comuni. Il problema quindi non è quello di tenere separate opere diverse
tra loro ma accomunate dalla stessa visione distorta di sviluppo, al contrario.
Proprio nella capacità di legare tra loro queste realtà può dare gli strumenti
interpretativi capaci di costruire e solidificare le diverse forme di
resistenza e di opposizione alle Grandi Opere e a tutto ciò che le sostiene.
Il prossimo 17 marzo ci sarà una grande manifestazione a Montecchio Maggiore
contro l’autostrada Pedemontana, altra grande opera distruttiva che non ha
nulla da invidiare rispetto alle altre, e riteniamo fondamentale far emergere
all’interno di quella manifestazione un chiaro messaggio di opposizione non
solo a quel devastante progetto, quanto alla logica che lo sottende e lo
vorrebbe imporre, che è uguale a quanto vorrebbero fare in Val di Susa.
Per questo proponiamo non solo di partecipare in tante e tanti, ma anche di
caratterizzare la nostra presenza con un messaggio chiaro: No alle Grandi
Opere, no alla distruzione dei beni comuni, no alla repressione dei movimenti,
perchè il diverso mondo possibile al quale tutti aspiriamo si fonda su un
modello di sviluppo opposto, rispettoso dell’ambiente, fondato sulla democrazia
e sulla partecipazione, sulla piena agibilità dei movimenti.
A Montecchio Maggiore, nel rispetto della convocazione lanciata dai promotori,
porteremo questo contributo, e se saremo in tanti a farlo sarà utile a tutti,
da Montecchio alla Val di Susa.


Presidio No Dal Molin