martedì 6 settembre 2011

L'ONDA GRIGIA CHE CANCELLA L'ITALIA

Palazzi, svincoli, centri commerciali, cave. CHI FA AFFARI col cemento fa pagare i costi ai cittadini. E LO CHIAMA “SVILUPPO”


Basta far scorrere la trama de Le conseguenze del cemento per capire che “le banche che con difficoltà concedono mutui alle giovani coppie, aprono gigantesche linee di credito a favore dei palazzinari […] e continuano a farlo anche quando il mercato immobiliare è irrimediabilmente fermo, quando lo stock di appartamenti invenduti (e il buon senso) suggerirebbe di smettere di costruire. Ma non possono farlo: per i bilanci delle banche, mentre garantire un mutuo è un debito, sostenere il progetto di un costruttore è una forma di investimento”. Fino a scoprire che esiste la figura specifica del land banker, il “banchiere della terra”, per usare le parole di Uni Land, una società per azioni quotata in borsa, un’attività che “interessa sostanzialmente il trading sui terreni”. Per leggere che le cave da cui si estraggono i materiali per il cemento spesso diventano delle discariche e che i cementifici che producono il cemento spesso bruciano rifiuti. Come scrive Luca Martinelli in uno dei capitoli finali del libro “la cementificazione non è l’unica ragion d’essere dell’intera filiera – nell’intreccio hanno un ruolo anche le periodiche “emergenze rifiuti” e la loro “temporanea” soluzione – ma senz’altro quella che la giustifica. Il ciclo del cemento ha senso a patto che si possa continuare a costruire. Per farlo, oggi, è richiesta estrema fantasia. Non basta più rifugiarsi nel mattone, perché l’edilizia residenziale non tira”. E allora ecco che compaiono verdi campi da golf, con strutture ricettive annesse, stadi pensati per trainare il business di enormi centri commerciali ed ex calciatori che dei centri commerciali hanno fatto il proprio privilegiato terreno d’affari.

Tre anni di lavoro, decine di viaggi in tutta Italia: un’inchiesta straordinaria che traccia il quadro del saccheggio al panorama italiano, ne spiega le motivazioni, svela gli interessi in gioco, individua le responsabilità, nome per nome.

http://www.altreconomia.it/site/ec_articolo_dettaglio.php?intId=133

sabato 3 settembre 2011

INAUGURAZIONE CARTELLO PER LA PROTEZIONE DEGLI ANIMALI DEL BRENTA IN VIA MACELLO A BASSANO




La zona destra Brenta (Angarano), tra il ponte Vecchio e quello Nuovo di Bassano, gradito luogo di  relax per la bellezza del panorama e per l’avi-fauna presente da anni, ha finalmente un cartello di notevoli dimensioni installato da pochi giorni, esplicativo sulla vita degli animali e sulle leggi che li proteggono. IL cartello è stato ideato dalla LAV cittadina, in collaborazione con L’Amministrazione Comunale di Bassano a seguito delle numerose segnalazioni di cittadini, che si trovano spesso ad assistere a scene incivili di maltrattamento sugli uccelli che frequentano la zona. Ci sono persone che spaventano gli animali, lanciano contro di loro oggetti, mozziconi di sigarette (sporcando e inquinando l’area), aizzano cani contro gli uccelli stessi. Ricordiamo alcuni fatti di cronaca passati nei quali sono intervenute le autorità fermando adulti e bambini che stavano sottraendo dal fiume gli animali che avevano appena ucciso.

Da tempo la LAV si è attivata per questo progetto ma l’iter burocratico per il rilascio delle numerose autorizzazioni per l’installazione del cartello,  è stato lunghissimo. Ora il cartello c’è, sito nel cuore della città. Vogliamo quindi cogliere l’occasione per ringraziare l’attuale Amministrazione Comunale, oltre per la concretizzazione di questo progetto, anche  per aver recentemente reso effettivo il regolamento comunale per la tutela degli animali; atti che hanno  aggiunto un ulteriore senso civico alla città. Un ringraziamento anche al Gruppo Antincendio Boschivo Protezione Civile di Bassano per la costruzione della bacheca e la posa del cartello
Oltre alle belle foto di animali, il cartello riporta brevi indicazioni su:
Cibo:  Gli animali non hanno bisogno di essere nutriti dall’uomo, ma, se si desidera farlo,  dare granaglie in genere . Non dare pane.
Nido:  Se ci si imbatte in qualche nido con uova lungo il Brenta in primavera,  non disturbare gli animali  e  sottrarne le uova in cova.
Divieti: E’ vietato dare la caccia a questi animali,  lanciare sassi, cicche, bastoni contro di loro, o incitare i  bambini e i cani  a spaventarli. Non abbandonare rifiuti,  né oggetti pericolosi, lungo il greto e nell’acqua del fiume.
Leggi: La Legge 157 del 11/2/92, la Legge Regionale del 9/12/93 n.50  e Legge n.189 del 20/7/04  agli art.544bis e 544 ter del Codice Penale, puniscono con una ammenda o fino all’arresto coloro che molestano, uccidono gli animali
Per un adeguato rispetto degli animali e dell’area chiediamo ai cittadini che frequentano l’argine la collaborazione nel rispettare e far rispettare le disposizioni  ricordando che tutte le forze dell’ordine hanno l'obbligo di intervenire in caso di maltrattamento verso gli animali;  ed invitiamo l’Amministrazione Comunale di Bassano, nell’applicazione del recente regolamento di tutela animali, di prevedere un controllo anche delle aree lungo Brenta.

La LAV coglie l’occasione per ricordare all’Assessore all’Urbanistica e all’ufficio Area dell’Assessorato all’Ambiente, ognuno per le proprie competenze,  di provvedere alla sistemazione della rampa di accesso al Brenta in prossimità del cartello, perché molto accidentata; in più crediamo sia conveniente il cambio di denominazione della via ”Macello” in qualche altro nome più “umano”, allo scopo di  dare un tono adeguato e ingentilito a tutta l’area. 
Oltre ai maltrattamenti verso gli animali, oggi, a creare perplessità, c’è il dilemma “passerella” del noto progetto Rosso–Bonotto. Se questo progetto diventasse realtà, la passerella andrebbe ancorata proprio in questo tratto di fiume deturpandolo con un ampia cementificazione, che distruggerebbe definitivamente questo splendido angolo “selvaggio”  della nostra città, costringendo le persone che desiderano appartarsi nella natura autentica per prendere fiato o per un momento romantico a fare fagotto assieme agli gli uccelli del Brenta.


LAV BASSANO
La Responsabile della Sede Territoriale di Bassano
Silvia Lovat




sabato 20 agosto 2011

CONSUMO DI TERRITORIO: AUTOSTRADE, CENTRI LOGISTICI, IPERMERCATI... UNA COLATA DI CEMENTO CHE AVANZA


Dibattito al Festival NoDalMolin per i Beni comuni 2011
 
 
Consumo di territorio: autostrade, centri logistici, ipermercati... una colata di cemento che avanza

Domenica 28 agosto, ore 18.30,
...
Spazio Dibattiti Teatro Tenda
Tavola rotonda/assemblea con rappresentanti dei comitati in difesa della terra della provincia di Vicenza e Domenico Finiguerra (Sindaco di Cassinetta di Lugagnano)

Il territorio vicentino e la città di Vicenza sono più che mai sotto pressione: costruzione di nuove autostrade e opere complementari (Pedemontana, Valdastico Sud e Nord, raddoppio dell’A 4, Valsugana), cementificazione di ampie aree con ipermercati, centri logistici, edilizia abitativa (Vicenza, CIS, Longare, Grumolo delle Abbadesse...).

Nonostante l’alluvione e il disastro ambientale, l’idea di uscire dalla crisi con sempre nuovo consumo di territorio resiste nella testa dei nostri politici e imprenditori. Nel dubbio che questo sia possibile, intanto fanno avanzare asfalto e cemento. L’uscita dalla crisi (nata dalla speculazione in primo luogo edilizia) non passerà da queste presunte soluzioni ma da un nuovo modello sociale di gestione dell’economia, dei trasporti, dell’edilizia.

martedì 16 agosto 2011

ABUSIVISMO EDILIZIO VENATORIO NEL VICENTINO


Dev’essere un modo per sentirsi più comodi. O per giocare a far la contraerea.  E’ proprio difficile capire che cosa passa nella testa di persone normalissime, almeno in apparenza, che quasi si trasformano con un fucile calibro 12 in mano.   Cosa pensare quando si osservano le altane in legno e metallo, alte parecchi metri, le baracche divenute veri e propri bunker con tanto di feritoie e recinzioni realizzate nei boschi del vicentino?  Quasi linee fortificate permanenti, da dove cacciatori con buona scorta di munizioni sparano a chi ha la malcapitata idea di svolazzare a tiro.  Simile la situazione di Lumezzane (BS), dove il bunker di caccia talvolta sembra un accessorio da giardino delle ville immerse nei boschi.
Iniziano, però, a giungere i primi riscontri alle richieste di informazioni a carattere ambientale e adozione di opportuni interventi inoltrate dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, grazie alle preziose segnalazioni degli attivisti locali della Lega per l’Abolizione della Caccia  alle amministrazioni pubbliche e alla magistratura competenti con la finalità di verificare se tali installazioni permanenti siano state autorizzate sotto il profilo paesaggistico e per gli aspetti urbanistici.
Il Responsabile del Servizio edilizia e urbanistica del Comune di Malo (VI) ha risposto (Comune di Malo, nota n. 17317 del 10 agosto 2011) all’esposto del 4 luglio 2011 relativamente alle altane di caccia e ai bunker del Monte Pian che per tali strutture non risultano mai presentate istanze di autorizzazione, “né risulta siano mai state rilasciate autorizzazioni edilizie o ambientali siano esse temporanee o permanenti”, rimanendo in attesa degli esiti finali degli accertamenti della Polizia localeper le valutazioni definitive.



Il Responsabile del Settore tecnico (4°) del Comune di Castelgomberto (VI) ha risposto (nota n. 8875 del 5 agosto 2011) all’esposto del 13 luglio 2011 riguardo alle altane di caccia in Contrada Carletti e in località Canton che le “opere … segnalate non risultano essere oggetto di alcun provvedimento autorizzativo in materia edilizia … pertanto necessita l’adozione dei provvedimenti” relativi agli abusi edilizi “anche in considerazione della presenza di vincolo di cui al D. Lgs. n. 42/2004” (vincolo paesaggistico).
Oltre ai Comuni competenti, sono stati coinvolti il Ministero per i beni e le attività culturali, la Soprintendenza per i beni architettonici e ambientali di Verona, il Comune di Castelgomberto, i Carabinieri del G.T.A. di Treviso, il Corpo forestale dello Stato e – per gli eventuali aspetti di competenza – la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza.
Emerge, quindi, una situazione di abusivismo edilizio a fini venatori, meritevole dei necessari provvedimenti di legge concernenti demolizione e ripristino ambientale nei confronti di queste linee Maginot ben poco virtuose.

GIU' LE MANI DALLA VAL POSINA

Lettera aperta agli abitanti di Laghi da parte del comitato “L’acqua e il bosco della Val Posina”.








Lettera aperta agli abitanti di Laghi da parte del comitato “L’acqua e il bosco della Val Posina”.
Ambiente, natura, salute, aria sana, turismo sostenibile, amore per la Terra di Laghi … forse no!
… E no ghe xe gnente da star tranquili …
La sera del 15 luglio, presso la struttura attrezzata del Campo sportivo di Posina, il Comitato ha promosso un incontro pubblico – con la presenza di tecnici ambientali - per approfondire, chiarire e rendere evidente il disastro ambientale e territoriale che sta avvenendo grazie alla riapertura della “Miniera Zanconi”. Nonostante la capillare informazione (lettera porta a porta) non c’è stata una buona partecipazione – almeno non come avremmo voluto - dei cittadini di Laghi. Erano presenti circa dieci locali e per noi questo può significare solo due cose: 1) che non siamo riusciti a coinvolgere, incuriosire e rendere partecipe la popolazione alla protesta e ai tentativi di svelare gli opportunismi truffaldini delle diverse Istituzioni Politico/Amministrative, le quali pensano di poter stravolgere, comprare ed adattare ogni cosa a proprio piacimento; 2) che la popolazione è strumentalizzata, impaurita e bloccata dal “potere politico” della nostra Amministrazione Comunale dove la ragione, il buon senso, le ingenue e minimizzanti rassicurazioni sono usate solo per nascondere le “evidenti” incompetenze (per “competenza” intendiamo “la capacità di disporre degli strumenti adeguati per svolgere un determinato compito”.) Nei giorni seguenti al 16 marzo 2011 - serata nella quale è stato presentato il SIA - si è dato avvio ad un comitato di protesta contro il rinnovo della concessione mineraria e la petizione agli Enti preposti è stata sottoscritta da ben 130 persone. Questo ci è sembrato essere un positivo incoraggiamento per continuare a sensibilizzare la gente nel riconoscere i “soprusi” che le diverse Istituzioni Politico/Amministrative, più o meno consapevolmente, stanno imponendo al nostro territorio. Anche se non è stato piacevole constatare che la maggioranza della nostra Amministrazione Comunale aveva deciso di non voler essere coinvolta nella lotta intrapresa dal Comitato, abbiamo deciso di continuare la nostra battaglia sicuri, almeno, di non essere ostacolati, ignorati o considerati degli illusi. Oggi, a distanza di 5 mesi e, naturalmente, dopo le mancate risposte alla petizione del Comitato, da parte degli Enti preposti (essa comunque ha “smosso le acque e rotto le scatole”) - la riapertura della “Miniera Zanconi” non è più solo una spada di Damocle, ma rischia di essere una certezza - … e, poiché ufficiosamente, siamo venuti a sapere che la Regione considera “la miniera di bentonite un sito di interesse nazionale, per le qualità di potere assorbente del minerale” riteniamo di poter concludere - con una certa sicurezza e con “terrore”- che essa sia già stata destinata a diventare una discarica per i rifiuti tossici, più o meno, nazionali. Quanto successo, nel periodo di aprile, con il brillamento di alcuni ordigni esplosivi con gas tossico nel cantiere minerario Boaro è un atteggiamento che la dice lunga sulla considerazione che le Alte Istituzioni nutrono nei confronti del nostro territorio e del rispetto alla popolazione (miniera di bentonite a forte potere assorbente delle tossicità + posto isolato e poco abitato + popolazione non avvisata + segreto militare => ma lo sa il Sindaco qual’é il suo compito? E non si nasconda dietro al fatto che gli ordini venivano dall’ALTO! La tutela alla salute della popolazione e quindi gli avvisi per ogni sua eventuale evacuazione, anche volontaria o consapevole, era un suo fondamentale compito!)
Tutti ormai - come abbiamo visto anche attraverso i mass media – sappiamo che il settore dei rifiuti e delle discariche è un business per le ecomafie … non certamente per le casse del nostro Comune e tanto meno per la salute degli abitanti … anzi.
Poiché tristemente stiamo constatando che negli abitanti di Laghi, dopo l’iniziale indignazione, è subentrato l’appiattimento, la demotivazione, l’impotenza e la rassegnazione rientriamo prepotentemente nelle vostre case per stimolare la vostra coscienza e perché poniate attenzione a quanto sta avvenendo nel nostro piccolo paese, anche, a causa delle negligenze (o incompetenze) dei nostri Amministratori. L’esaltazione solo verbale e superficiale con la quale vi vengono propinate le rassicurazioni, che da parte dell’Amministrazione Comunale è stato fatto tutto il possibile, è pura retorica. Non è assolutamente vero che è stato tentato, o che si sta tentando, tutto il possibile … ed è chiaro che il nostro Sindaco non sa da che parte stare - pur di nascondere le sue negligenze, le sue incompetenze e le sue incapacità a prendere delle decisioni serie per il paese e per il territorio - si nasconde dietro alle dovute e già sperimentate “ordinanze di divieto di passaggio” per la strada del paese e di “richiesta di stralcio dell’area mineraria”. Ma chi non ha la memoria corta si dovrebbe ricordare a cosa sono servite e come sono state osservate le ordinanze e i divieti fatti dalla precedente Amministrazione nel 2001. Quante patenti e quanti mezzi sono stati sequestrati? Quanti soldi sono entrati nelle casse comunali con le multe ai camion? Quindi possiamo, anche adesso, prevedere a che cosa serviranno queste nuove ordinanze - se non a proteggere chi le ha fatte dall’essere scoperto nella sua negligenza: aver dato, con un tacito assenso, parere favorevole alla riapertura della miniera => non è stato fatto il ricorso al TAR al momento giusto, cioè nei 60 giorni seguenti la presentazione del VIA della Regione avvenuto col Decreto n.89 del 2009. Inoltre la richiesta di stralcio dell’area mineraria dal Comune di Laghi - ammesso che venga accettata - non protegge rispetto ai danni ambientali e paesaggistici che, comunque, si avranno sul territorio del paese. Se il nostro Sindaco e, con esso un Consiglio Comunale che ha dimostrato di non aver il coraggio né delle proprie idee, né delle proprie azioni, si è convinto e vuol convincere di essere nel GIUSTO e di aver fatto TUTTO IL POSSIBILE per impedire la devastazione che avverrà se verrà riaperto il cantiere minerario deve, invece, prendere coscienza che è proprio a causa di questo atteggiamento minimizzante, di questo non agire e della mancanza di partecipazione che rischia di svendere il territorio, la dignità e la salute psichica e fisica dei suoi cittadini. E’ un’accusa forte - che prima di essere stata fatta pubblicamente è stata fatta singolarmente e in Consiglio Comunale – tuttavia ciò non sembra aver turbato gli animi e le sicurezze di tutta l’Amministrazione di Laghi, anzi è apparsa come una scocciante ingerenza e una perdita di tempo (tale da giustificare al Sindaco, la possibilità di ripetere l’errore fatto nel 2009 (o di voler ripetere?) con un nuovo tacito assenso => egli invitato il 29 giugno 2011 a partecipare alla “Presentazione del progetto di rinnovo della concessione/Via” indetta per il 6 luglio si è RI-DISINTERESSATO del problema miniera Zanconi ritenendo di poter non essere presente a causa di altri impegni … scusate ma a che cosa serve il Consiglio Comunale? E le deleghe?) … e allora riteniamo di sottolineare che è necessario che, questi signori, si accorgano che stanno, volenti o nolenti, condividendo la sorte dei loro amministrati. Tutti noi del Comitato ci stiamo augurando di aver capito male, rispetto alle attenzioni di cui è oggetto la miniera Zanconi, ma se avverrà che il “buco” potrà essere chiuso con rifiuti più o meno tossici, (quindi, anche, passando per le strade di Laghi, visto l’interesse nazionale della miniera!) … allora siamo certi che il nostro Sindaco potrà finalmente fare le sue scelte “virtuose” per valorizzare il territorio e lasciare alle generazioni future un sicuro segno di degrado e di annientamento del paese. Il comitato è consapevole di percorrere una strada molto difficile, ma non accetta di tacere sulle “incompetenze” (e ripetiamo per “competenza” si intende “la capacità di disporre degli strumenti adeguati per svolgere un determinato compito”) della nostra Amministrazione Comunale. Se poi la popolazione di Laghi ritiene di accettare quanto viene loro assicurato, non pianga poi … per la mancata solidarietà!

http://www.facebook.com/difesa.valposina

domenica 31 luglio 2011

NUOVE PROPOSTE PER LA PROVINCIA DI VICENZA: ASFALTO CEMENTO E DISTRUZIONE

Comunicato dei Comitati difesa salute territorio Valle Agno- Altovicentino e Malo – No pedemontana.





In questi giorni l'amministrazione provinciale, quella regionale e il Giornale di Vicenza, spalleggiati dalle associazioni imprenditoriali, si stanno sbracciando e agitando con proposte, anzi pretese, sempre più mirabolanti sulle autostrade che dovrebbero passare per il territorio vicentino.
Non contenti delle autostrade già esistenti ( A4 e A31) che già subiscono una diminuzione del traffico dovuta alla crisi, propongono l'autostrada Valdastico Nord oltre alla Valdastico Sud già iniziata, con grande scempio di territorio, e all'autostrada Pedemontana. E' previsto anche il raddoppio dell'A4. Inoltre addirittura vorrebbero un'autostrada in Valsugana.
Ma quante ne vogliono? Quello che stanno facendo è deturpare e consumare ulteriormente territorio vicentino, senza alcuna garanzia che questo serva all'economia e ai cittadini.
Mentre il decantato modello del Nord Est raschia il fondo del barile (vedi recenti fallimenti a catena di aziende), pretendono di far diventare la provincia un'unica pista di asfalto per continuare un modello di sviluppo fallimentare e sorpassato, basato ancora sul trasporto su gomma (auto+camion+asfalto+idrocarburi) che tutti i paesi moderni respingono (siamo gli unici in Europa ad avere l'85% di trasporto su gomma).
Mentre il Nord Europa, l'unico che riesce ad affrontare la crisi, si getta sulla green economy, noi ci gettiamo sul cemento e sull'asfalto, nell'interesse esclusivo delle lobby dei grandi costruttori ammanicati col governo e i partiti.
Più cemento e asfalto significa più corruzione, inquinamento, affari mafiosi.
Basta, fermiamo questa follia che si agginge alla follia dei governanti dell'economia mondiale che già mostra la corda col sempre più evidente crollo del bluff del liberismo, delle privatizzazioni e della economia finanziarizzata. La ricetta 'ancora di più dello stesso' è l'unica cosa che sanno proporre nonostante i fallimenti che stiamo pagando e pagheremo nel prossimo futuro.
Vogliamo infrastrutture al servizio delle persone, un'economia al servizio della comunità, energie alternative, produzioni industriali sicure e salubri, recupero dell'agricoltura e del turismo, autostrade informatiche, ricerca, stile di vita sobrio, difesa dei beni comuni, trasporti sociali (metropolitana, trasporti pubblici).

Comitati difesa salute territorio Valle Agno- Altovicentino e Malo – No pedemontana

martedì 26 luglio 2011

CAMPI DA GOLF A BASSANO DEL GRAPPA: OPPORTUNITA' O ENNESIMA SPECULAZIONE?

E' stato presentato all'Amministrazione di Bassano del Grappa un Progetto di Accordo Pubblico-Privato per la realizzazione di un resort con due campi da golf a tre buche a nord del cimitero di Angarano.
Ma cosa c'è dietro i campi da golf.
Ecco un interessante articolo per approfondire l'argomento.



Fioriscono i progetti di nuovi impianti. Ma mazze e palline troppo spesso sono il pretesto per costruire resort e immobili laddove la legge non lo consentirebbe

Con il golf il turismo va in buca. Ma più che il volano per  vacanze e viaggi made in Italy, il golf sembra andare a braccetto con il mattone. Per il Governo più green e strutture connesse sono indispensabili per promuovere il territorio ed attrarre una clientela selezionata disposta a spendere cifre da capogiro per colpire le palline in zone esclusive e protette. Forte di questa tesi, il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla annuncia il 15 aprile scorso un disegno di legge che introduce le “Misure per incentivare il turismo sportivo tramite la diffusione del gioco del golf e la realizzazione di impianti golfistici”. L’esecutivo di Berlusconi punta a “far entrare la nostra nazione in un mercato sempre più fiorente, mentre con la creazione di nuovi campi e di poli golfistici si otterrà un sicuro effetto promozionale sul territorio” si legge nel comunicato del Consiglio dei ministri che segna il primo passo del disegno di legge.
Ma in Italia si contano già 368 campi, 100mila giocatori tesserati della Federazione italiana golf, e una media di 270 giocatori per campo: bassa se confrontata con quella europea, quattro volte più alta e pari a 1.048.
La realtà sembra ben diversa dagli annunci governativi e gli  impianti sono spesso mezzi vuoti, scendendo abbondantemente sotto la soglia di sopravvivenza consigliata dalla Federgolf di 350 iscritti per ogni club. Numeri che sconsiglierebbero futuri investimenti. Per il ministro Brambilla invece i campi non sono abbastanza, e così spiega il suo personale rimedio contro la crisi: “Il disegno di legge non comporta alcun onere per le casse dello Stato e ha l’obbiettivo di portare in Italia un numero maggiore di turisti stranieri”. Una tesi un po’ semplicistica che per ora rimane sulla carta dato che il disegno di legge passerà all’esame di Camera e Senato. La replica di Legambiente è stata immediata. “L’esperienza dei campi da golf non è servita a sviluppare il turismo -attacca il vicepresidente Sebastiano Venneri-, ma è una scorciatoia per edificare nuove cubature (di case e ville). Quindi più che per i praticanti i nuovi campi serviranno a chi realizza strutture. E resta fortissimo l’impatto paesaggistico”. Il disegno di legge prevede infatti deroghe per impianti realizzati nell’ambito delle aree naturali protette che hanno messo in allarme le associazioni ambientaliste già impegnate in battaglie locali contro la privatizzazione di terreni generalmente agricoli.
Nei progetti in cantiere si contestano criticità ambientali per abbondante uso di diserbanti per la manutenzione dei campi, privatizzazione e consumo di suolo e con l’arrivo di 18 buche il consumo di acqua è equivalente a quello di una centro da 9mila abitanti. E la costruzione dei campi e delle strutture annesse ha un forte impatto paesaggistico: occorre modellare il suolo in funzione sportiva, sbancare il terreno. Spesso in aree pregiate come siti di interesse comunitario (vedi box a pag. 10). Tutti problemi concreti che emergono già in fase di progettazione. Ma i grandi gruppi di costruttori hanno fiutato l’affare e si sono mossi per tempo. Il terreno e le strutture necessarie (spogliatoi, magazzini, ristoranti) sono classificati come strutture sportive e hanno costi urbanistici quasi irrilevanti. In genere l’immobiliare prima costruisce, poi fonda un club affiliato alla Federazione italiana golf perché il Coni impone la gestione a società sportive senza fini di lucro.
Ma nessuno investirebbe un minimo di 50-70mila euro a buca senza ritorno economico. Così per rientrare delle spese i costruttori puntano alla formula resort: ville ed abitazioni di pregio con servizi da villaggio vacanze come ristorante, centro benessere e piscine su estensioni da decine di ettari, perché il terreno per costruire non manca. Sono investimenti per milioni di euro che le amministrazioni locali favoriscono per gli oneri di urbanizzazione che entrano nelle casse comunali.
Il costo maggiore per chi decide invece di giocare è l’iscrizione al club e può variare da una quota annuale di 600 euro fino ad oltre 5mila per i più esclusivi: un vero e proprio status symbol. Dal 2007 anche i dilettanti possono però prendere mazze e palline con la sola iscrizione alle federazione, senza l’obbligo di iscrizione al club ma affitando il campo per qualche ora. Il tesseramento libero ha portato un aumento di iscritti del 10 per cento in soli 12 mesi, sfondando la soglia di 100mila iscritti.
Oggi la federazione, che punta alla promozione della pratica sportiva, plaude alla scelta del Governo. “Siamo vivamente soddisfatti -ha detto Franco Chimenti, presidente della Federazione italiana golf-. E la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione dei campi di golf non possono non ispirarsi al rispetto del territorio, dell’ambiente e del paesaggio”. Ma nella partita si sono buttati soprattutto i grossi gruppi immobiliari in grado di sostenere investimenti da qualche milione di euro, generando flussi di denaro in tutta Italia per quasi a un miliardo di euro. Ecco alcuni esempi. Ad Oristano, in Sardegna, il golf di Is Arenas ha due diverse società per lo sviluppo immobiliare negli 80 ettari: la Green srl per l’hotel e le strutture, la Is Arenas Residence srl per le abitazioni. La Biffi spa si è impegnata nella costruzione di 18 buche in provincia di Alessandria, grazie al bando da tre milioni di euro della Comunità montana locale. Anche in Sicilia interessi, progetti e cifre da capogiro: nell’isola sono previsti 48 nuovi campi da golf e la Regione si è già data da fare approvando una legge (a ottobre 2008) che autorizza a costruire i green anche entro il limite di 150 metri dal mare dove la legge regionale per la salvaguardia della costa non permetteva di costruire e condonando così il Golf Verdura di Sciacca (Agrigento, vedi sopra). A Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma, il golf club da 65 ettari è di proprietà del Comune. Alle porte della città di Miss Italia, in piena zona a rischio idrogeologico, il Comune decide alla fine degli anni 80 di acquistare settanta ettari di terreno agricolo per circa due miliardi delle vecchie lire. Nel 1989 affida il terreno, in concessione e gestione per 80 anni, alla Salso Golf Club spa a patto che realizzasse un campo sportivo pubblico. Il campo non è mai stato realizzato e nel 2010 l’amministrazione decide però di vendere i terreni con modifica al Piano regolatore generale per costruire 101 “villette signorili”, poi scese a 50.
Ben 15mila metri cubi (per un valore di 1 milione e 800 mila euro) ad alto impatto ambientale per una zona soggetta a frane. “Una presunta conformità alle disposizioni paesaggistiche ha garantito l’impunità di una prassi edificatoria spregiudicata -commenta Eva Sara Camozzi di Italia Nostra- che sta allineando il rapporto tra aree verdi e zone cementificate di Salsomaggiore a quello di centri industrializzati”.
Le criticità sono tante, anche di carattere economico: perché il Comune vende quando potrebbe iniziare a guadagnare dopo i primi 20 anni di passivi? L’unica ragione in fase di tagli dal Governo centrale è fare cassa. Ma dietro i passaggi societari della concessonaria Salso Golf spunta una girandola di nomi fino alla Tailor Made International Gruop, protagonista di avventure immobiliari in Spagna e Francia. I comitati locali e Italia Nostra -contrari all’iniziativa- spulciano nelle carte del progetto e della nuova società disposta a rilanciare il golf. E scoprono una lunga serie di scatole cinesi e una impressionante serie di fallimenti: il più clamoroso a Le Castel (Francia) dove è intervenuto il Consiglio di Stato per bloccare la costruzione di 280 case. Ma nella valle l’affare non si ferma e si progettano villette signorili da 70 metri quadri su tre piani ad un prezzo medio di 2.500-3.000 euro per metro quadro, con la frana che incombe a poche centinaia di metri. Nonostante il mercato offra in pieno centro a Salsomaggiore appartamenti a 1.000 euro al metro quadro, con il turismo in forte calo e cartelli “vendesi” che spuntano ovunque. Per il Comune ci sono solo le briciole, perché gli oneri di urbanizzazione ammonterebbero a 280mila euro. Scendendo in Lazio il gruppo Leonardo Caltagirone ha messo in cantiere 60 appartamenti e 550 ville bifamiliari nel prestigioso Terre dei Consoli Golf club di Monterosi, a soli 30 chilometri da Roma. Decine di milioni di euro investiti per 18 buche, club house con ristorante, sale intrattenimento, zone relax, bar e terrazze, una spa attrezzata, una foresteria e, per il futuro, anche un albergo. Per l’offerta di abitazioni di lusso all’interno del resort si può scegliere da 230mila a 500mila euro. In tutti i progetti esaminati da Altreconomia non si fa cenno all’impatto ambientale, ai flussi di traffico generati e più in generale ai consumi invetabili di suolo, acqua e beni comuni per l’edificazione di nuove case.
“Dovremmo privilegiare il sistema golf nelle vicinanze degli aeroporti -sostiene Giuseppe Miliè, architetto specializzato nella progettazione dei green-. Non occorre nuova speculazione edilizia e residenze private ma offrire ai turisti-golfisti i posti letto già esistenti con l’aggiunta di tutto quello che l’Italia già offre”.
La ricetta di Miliè consentirebbe al turismo italiano di sopravvivere anche durante il periodo di bassa stagione, da settembre a maggio, che coincide con l’alta stagione per i golfisti. E non costruire necessariamente nuove case. Il punto di vista dei costruttori è sintetizzato da Edoardo Francesco Caltagirone che parla del suo golf club alle porte di Roma. “È una di quelle rare occasioni in Italia in cui si può realizzare il sogno di possedere un’abitazione su un campo da golf di livello internazionale”.

Sciacca, un affare di famigliaHa aperto il 15 luglio 2009: è il golf più a Sud d’Italia. Due campi da 18 buche, centro benessere, palestre, piscine e una parte delle suite per oltre 200 posti letto, più alcune villette singole. Di fronte ai continui intoppi e persino un’inchiesta della magistratura il Verdura Golf&Spa Resort di Sciacca (Agrigento) ha più volte minacciato di rinunciare al progetto da  230 ettari per 125 milioni di investimento, con finanziamenti anche pubblici.
Il progetto ha però padrini eccellenti, come l’ex presidente siciliano Totò Cuffaro e il sottosegretario Gianfranco Miccichè e, nonostante lo stop di un anno a causa delle denunce di Legambiente Sicilia, ha aperto i battenti. L’associazione ambientalista ha più volte denunciato che il golf-resort che stava realizzando la holding del magnate inglese Rocco Forte non aveva permessi: niente valutazione di impatto ambientale e nemmeno valutazione d’incidenza, obbligatoria per i siti d’interesse comunitario come quello di Sciacca. Per questo nell’estate del 2006 si era bloccato tutto. Soldi, cantieri, lavori. Con la Procura della Repubblica che cominciava a mettere il naso nella faccenda e i sigilli al cantiere. L’estate successiva la Regione sblocca la situazione con una legge che rende legali le buche a pochi metri dal mare: un colpo di spugna su centinaia di ettari di terra stravolti e con la vegetazione alla foce del fiume Verdura distrutta.
Il progetto era partito cinque anni prima, quando il plenipotenziario di Berlusconi in terra di Sicilia, l’allora viceministro del dicastero dell’Economia Gianfranco Miccichè, aveva presentato, assieme all’amministratore delegato di Sviluppo Italia (società a totale partecipazione del ministero dell’Economia) il programma per lo sviluppo turistico nel Mezzogiorno. Una torta da 770 milioni di euro da dividere fra Puglia, Calabria e Sicilia. Alla Sicilia toccò una fetta da 236 milioni per due investimenti previsti: uno è proprio quello del resort di Sciacca, che alla fine sarebbe risultato il più grande investimento disposto da Sviluppo Italia nel Mezzogiorno.
La notizia è che i terreni dell’operazione immobiliare sono stati venduti per 4 milioni e 400mila euro al gruppo Rocco Forte dalla famiglia Merra: Roberto, già componente del consiglio di amministrazione della vini Corvo, il fratello Giuseppe, la figlia Alessandra e l’altra figlia, Elena, moglie di Gianfranco Miccichè. Affari di famiglia per l’allora vice ministro del dicastero da cui dipende Sviluppo Italia e da cui sono venuti fuori milioni di euro di finanziamento che si sommano a quelli scuciti dalla Regione Siciliana. A ottobre 2008 l’epilogo, con l’approvazione della legge regionale che dà il via libera definitivo ai “green” entro i 150 metri dal mare. Legambiente continua a contestare e denunciare gli abusi, compresi i voli in elicottero per raggiungere i campi in un’area (non più) protetta.

Il mito di uno sport “verde”Le analisi sull'impatto ambientale evidenziano criticità
Il Wwf Italia ha analizzato il percorso golfistico del Comune di Rocca di Mezzo, in provincia de L’Aquila. Un caso esemplare perché il progetto è in area Sic, sito di interesse comunitario, per le sue caratteristiche di prati e pascoli in quota. Le osservazioni dell’associazione ambientalista sfata i miti legati al golf come sport “ecologico” perché si pratica all’aperto, nel verde. Nella realtà le cose sono ben diverse.
Numerosi studi hanno evidenziato l’impatto ambientale estremamente elevato che può derivare dalla costruzione e, soprattutto, dall’ordinaria manutenzione di un campo da golf. In primis il manto erboso come elemento indispensabile per la qualità di un campo. Deve infatti rispondere a precise caratteristiche, che sono differenti nelle differenti aree del campo (tee, fairway e green). Le pratiche di greenkeeping (manutenzione del manto) devono essere meticolose: un manto erboso irregolare, non perfettamente livellato, drenato, concimato, irrigato ed arieggiato, non è adatto al gioco, e non garantisce un buon livello di soddisfazione dei giocatori, così come un campetto in terra battuta non è altrettanto adatto al gioco del calcio che un bel campo in erba regolarmente mantenuto. Le specie erbacee che lo costituiscono non possono essere “erba qualunque”: oltre che garantire la regolarità della traiettoria della pallina, devono resistere ai continui sfalci (anche quotidiani), al calpestio dei giocatori, ad un preciso regime di irrigazione e concimazione. Per il Wwf è quindi “impossibile mantenere un manto erboso naturale in condizioni adatte al golf”. Inoltre per i campi in montagna è intervenuta anche la Cipra (Commissione internazionale per la protezione delle Alpi) con un elenco  degli impatti generali connessi alla realizzazione e al mantenimento dei campi da golf: grandi movimenti di terra, sottrazione di terreno agricolo e forestale, distruzione del paesaggio naturale, interruzioni nelle vie idrologiche esistenti, bonifica di aree umide per creare campi da gioco, laghi artificiali. Di conseguenza per la Commissione “si possono verificare erosione e inondazioni e nei climi umidi, l’uso di pesticidi per la manutenzione del ‘green’ può comportare il rischio di inquinamento idrico”. Inoltre non si dovrebbero adibire a campi da golf le aree interessate da sorgenti, i terreni sabbiosi, le aree con falda idrica fluttuante. Le grandi movimentazioni di terra, richieste per creare i campi, sono in montagna più pericolose con l’aumentare della quota, perché compromettono maggiormente il potenziale naturale e la capacità di rigenerazione delle specie vegetali. E dulcis in fundo, la concorrenza con gli agricoltori e allevatori per le poche superfici piane esistenti in montagna necessarie al pascolo.

Da Roma a Cogoleto
Il fatturato del golf business è di 53 miliardi di euro

Ecco il vero affare dello “sport immerso nel verde”. Case, ville ed appartamenti in tutto il Belpaese, o anche investimenti oltre confine. Si parte da 25mila euro per le località sul mar Nero; oppure: con 98mila euro si può acquistare un appartamento nelle colline piemontesi (anche come prima casa) per chi cerca privacy, sport e sicurezza. Perché l’interesse dei costruttori per le pregiate aree verdi vicine ai green è garanzia di lusso e clientela selezionata. Uno studio del 2008 dell’agenzia di consulenza Kpmg svela il giro d’affari: nella regione Emea -Europa, Medio Oriente e Africa-  il fatturato del golf business ammonta a 53 miliardi di euro e paga circa 10 miliardi di euro in salari a 500mila addetti. I fattori chiave del successo, secondo Kpmg, sono da ricercare nel turismo legato al gioco e nella compravendita di proprietà immobiliari da destinare ad abitazioni.
I volumi d’affari del lato immobiliare del golf arrivano a 19 miliardi di euro, cinque volte gli investimenti per i campi da gioco. Risultato? Nel 2006 sono state edificate 17mila nuove abitazioni in  Europa, Medio Oriente ed Africa, nel nome dell’ambiente e dello svago sportivo. In Italia le costruzioni legate ai golf club sono nate alla fine degli anni 70 e sono in continuo aumento nonostante la frenata del mattone e la crisi del 2008. Roma e la zona lombarda della Brianza hanno fatto da apripista con gli storici golf club dell’Olgiata, Monticello, Barlassina e La Pinetina. Oggi si punta su resort in posti esclusivi che ripropongono in maniera artificiale ed esclusiva le strutture e i paesaggi di zone tipiche. Come il (finto) borgo ligure nel comune Cogoleto (nella foto), alle porte di Genova: il Sant’Anna golf alle 18 buche somma l’offerta di 240 abitazioni “in tre moderni borghi ispirati alle forme e ai colori dei tradizionali agglomerati rurali delle valli affacciate sul mare della riviera” si legge nel sito internationalhomeservice.it. Tutti d’accordo per il progetto: le cooperative locali hanno da lavorare, il Comune incassa 2 milioni di euro di contributi di costruzione, 10 milioni di euro il valore delle opere accessorie come strade, ristrutturazioni di edifici scolastici e il costruttore Mario Valle, con una variante del Prg comunale che in quella zona prevedeva area agricola, può vendere monolocali e ville con vista esclusiva con prezzi variabili dai 250mila al milione di euro. Nessuno protesta per il consumo di suolo, anche se la Liguria ha il record italiano: il 45% del suo territorio risulta “mangiato” dal cemento.

Qualcuno fallisce

I fallimenti dei campi da golf e resort sono il lato uscuro (e poco pubblicizzato) di investimenti avventurosi nel campo immobiliare, che nonostante la promessa di volano turistico e ricchi guadagni non hanno retto alla realtà del mercato. Con un triste lascito di irrimediabile consumo di territorio. Ecco aluni esempi poco virtuosi.
Austria. Golf club di Schladming: negli anni ‘90 fallì con 21 milioni di vecchi scellini di debiti.
Croazia. Residence Skipper, meglio noto come il “paradiso di Bossi” per l’investimento del leader padano insieme ad alcuni colonnelli del Carroccio (Maurizio Balocchi, Edouard Ballaman,Stefano Stefani, Giancarlo Pagliarini, Enrico Cavaliere) ad Alberi a Salvore, la punta istriana che si allunga sullo splendido golfo di Pirano. Il progetto è appetitoso: 14 ettari di area edificabile, sei palazzine, 180 appartamenti, piscine, ristoranti, campo da golf, porticciolo privato. Il tutto a mezz’oretta di macchina dall’Italia, comodamente raggiungibile da Trieste. Ma il 25 marzo 2004 la Ceit srl, proprietaria della società che doveva realizzare l’affare, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Padova per un crac superiore a dieci miliardi di vecchie lire.
Sardegna. Is Molas Golf Resort, nel comune di Pula a 20 minuti da Cagliari, è considerato da sempre il paradiso del golf isolano. Con la dichiarazione di fallimento decretata dal Tribunale di Bergamo
della società Rete Gamma nel 2003, campi, terreni e albergo, saranno venduti all’asta a causa di un forte passivo di circa 300 miliardi di vecchie lire. Dopo il dissesto finanziario (con 6.500  creditori) è subentrata la Romolini Immobiliare che ha costruito 200 ville con vista mare all’interno del Resort. Bagaglino Holding a Stintino (Sardegna).
Per un campo, con annesso villaggio immobiliare è sorto qualche problema giudiziario. Il proprietario Mario
Bertelli è finito in carcere insieme ad altre 8 persone. Le accuse nei loro confronti sono quelle di bancarotta fraudolenta e frode fiscale. L’inchiesta è della Procura della Repubblica di Brescia. Complessivamente le società fallite del gruppo Bertelli- Bagaglino-Country Village sono diciannove per uno stato passivo superiore ai 500 milioni di euro.